sabato 24 maggio 2025

Progettare città per essere (più) umani, di Davide Ruzzon


Progettare città per essere (più) umani:
le neuroscienze ambientali

di Davide Ruzzon



Piazza di Spagna, Roma



Il nostro comportamento è la risultante di tre fattori correlati: la nostra biografia, le relazioni con le altre persone, ed infine l’ambiente nel quale la vita si manifesta
La nostra personalità individuale è una complessa combinazione di quello che ricordiamo, ovvero dei processi che la memoria ha saldato. È l’insieme di tutto ciò che possiamo richiamare alla coscienza, ma anche di quello che non sappiamo di sapere, e che appartiene ad una dimensione implicita, inconscia e alla memoria del corpo biologico. 
Le relazioni con le altre persone, sin dalla nascita, influiscono con grande potere sulla qualità delle nostre esperienze, prima, e dei nostri ricordi, poi. Tutto questo è stato oggetto di numerosi studi e ricerche tra filosofia, psicologia, neuroscienze e letteratura.

Un aspetto che non ha ancora acquisito il rilievo che merita è l’ambiente di vita. Da alcuni decenni, in realtà, molti studi hanno indagato come lo spazio agisca sulla personalità individuale e sulle relazioni sociali. 
Un settore disciplinare ‘rigorosamente indisciplinato’, come direbbe Tim Ingold, si è rafforzato portando alla nascita delle neuroscienze ambientali. Come funzionano i nostri corpi e la nostra psiche nei diversi ambienti? Come l’organizzazione e la forma dello spazio modifica i nostri ricordi e le relazioni umane? Se vogliamo assumere con piena responsabilità politica la tutela della salute fisica e mentale dei cittadini, non possiamo nascondere il fatto che individuo e società sono plasmate dai luoghi.

Sul piano democratico, la consapevolezza di quanto la forma urbana e le sue politiche di gestione influiscano sulle emozioni basiche, le più primitive, come la paura ad esempio, dovrebbe spingerci ad assumere maggiore attenzione sul tema. Oggi, in una dimensione sociale sempre più disintermediata, dove i singoli vengono uniti e polarizzati, in opposizioni rigide, le emozioni evocate dallo spazio urbano sono ancor più importanti. I luoghi possono salvarci oppure condannarci ad un esilio da noi stessi. La differenza risiede nelle emozioni, o nelle memorie del corpo.

Proprio per essere ancora in grande parte sedimentate nel genoma, è cruciale il ruolo che le emozioni corporee possono svolgere nel far riemergere una richiesta di realtà, di relazioni e di senso. A queste richieste la città fatica moltissimo a dare spazio e forma. 

Questa giovanissima creatura che è la città, rapidamente, in pochi millenni è diventata sempre più astratta rispetto alla vita umana. Se non comprendiamo questo aspetto iniziamo l’esplorazione ad occhi bendati. Ciò che sta accadendo non può essere compreso se non estendendo la storia umana e della città al cambiamento che segna l’inizio della dimensione artificiale dell’uomo, cioè la liberazione delle sue mani: l’Homo Erectus. 
Una visione della città rigorosamente indisciplinata richiede che antropologia e neuroscienze siano parte delle competenze di architetti e planner. La città occupa un frammento temporale di un’evoluzione durata un milione e mezzo d’anni, a spanne, nel corso del quale i luoghi entro cui i patterns fondamentali di interazione corpo-spazio sono stati raffinati, e poi tradotti nel nostro genoma, erano immersi nella natura. Piccoli nuclei ospitanti azioni elementari si sono poi aggregati a formare edifici. Con il passaggio dai villaggi neolitici alle città-stato sono state introdotte le prime manipolazioni delle emozioni stratificate nella natura. Una pianificazione unitaria a macro e micro scala si è fatta vedere sin dall’inizio della storia della città. Ippodamo da Mileto cinque secoli prima di Cristo, aveva già realizzato uno spazio saldo e unitario. 
La città rimane frattale tuttavia per lunghissimo tempo. Resta frattale perché sono prevalenti i piccoli nuclei – gli edifici – che ancora riescono ad ospitare la traduzione dei pattern corpo-spazio originati nella natura
Questa resistenza verrà – quasi – completamente annichilita con lo sviluppo delle grandi conurbazioni nate dalla Rivoluzione Industriale. In due secoli, da allora, altri grandi cambiamenti hanno esaltato l’astrazione della forma degli edifici dal corpo umano, e dalle sue memorie. È una ferita aperta: il corpo ricorda quello che ha imparato in un milione e mezzo di anni, e cerca comunque casa. Ma non la trova, eccetto frammenti di luoghi ed apparizioni.

Nessuna illusione di ricostruire l’infranto deve accompagnare oggi la nostra ricerca dei processi in grado di tutelare la salute degli abitanti delle città. L’esistente è un aggregato discontinuo. Le città hanno qualità molto diverse al proprio interno e dovremo fare uno sforzo per riconoscere qualità vecchie e qualità nuove, distinguendo anche tra quello che può sembrare solo un omogeneo e neutro tessuto moderno, o contemporaneo.

È necessario inserire tra le linee guida del progetto urbano anche quelle riferite ai fattori che mitigano o esaltano i rischi per la salute psico-fisiologica dei cittadini. Il disegno della città può aumentare o diminuire i danni, infatti, ma non può fare il miracolo di cancellarli.

La consapevolezza offerta dallo studio delle neuroscienze e della psicologia ambientale applicato allo studio della città è di grande aiuto per lavorare sulla riduzione del rischio di produrre danni severi, anche irreversibili, al cervello delle persone e alle relazioni sociali. Creare delle linee guida per mettere a sistema i fattori di protezione della mente è oggi possibile quanto necessario.

Sono tre le aree d’intervento del masterplanning che ci vengono in aiuto: la dimensione estesa del planning, la cura dello spazio vuoto, ed infine la cura degli edifici. Le tre aree di intervento possono offrire un quadro esaustivo dei fattori di mitigazione del rischio per gli abitanti. Se calibrati con precisione questi fattori possono dare un ottimo contributo.

La tutela del benessere mentale non può prescindere dagli effetti neurologici e psicologici indotti dalla combinazione di quattro dimensioni proprie della pianificazione urbana: 
l’inclusione delle diversità, 
la presenza dei servizi ai cittadini, 
una rete per aumentare la sostenibilità sociale ed ambientale dei trasporti, 
e la presenza di diverse funzioni ed attività integrate nello spazio
La misurazione di questi fattori permette di avere la misura del livello della cura che la città offre a un quartiere. L’inclusione sociale, il senso di appartenenza, di sicurezza, l’impatto sulla salute fisica e cerebrale, la propensione sociale allo scambio, sono tutti prodotti di una buona integrazione di queste quattro dimensioni.

La seconda famiglia di fattori di protezione si concentra sulla qualità dello spazio aperto. 
Grande rilievo assume, infatti, la capacità dei vuoti di radicare i diversi gruppi di cittadini, tenendo conto proprio delle diversità individuali (età, genere, sensoriali, motorie, mentali) e delle attività di ognuno. Una concezione dei vuoti come sistema di stanze aperte, delimitate con tratti invisibili permette di innescare una moltitudine di interazioni riferite alla memoria corporea. La gestione della presenza della vegetazione, e dell’acqua, si unisce a questo primo fattore. Due altri fattori concorrono a generare una nuova attenzione al disegno del suolo tra gli edifici. Si tratta delle soglie tra privato e pubblico e della cura della dimensione tattile, ovvero dei materiali da utilizzare per piazze, parchi, marciapiedi, piste ciclabili, carreggiate, portici, giardini. La cura integrata di questi cinque fattori incide sull’appartenenza al luogo, su aspetti neuro-biologici indotti dallo stress, sulla memoria e l’orientamento naturale, sulla dimensione pro-sociale, e sul senso di sicurezza.

La terza famiglia dei fattori protettivi deve essere definita con riferimento al disegno degli edifici. 
Il disegno urbano può definire alcune delle caratteristiche dei volumi che poi saranno sviluppati attraverso gli altri livelli della progettazione. E’ indispensabile che questi caratteri vengano già studiati a scala urbana per evitare di creare un collage insignificante in grado di privare gli abitanti di punti di riferimento essenziali nell’esperienza della città. Attraverso una traduzione innovativa della storia urbana locale, il piano può favorire il senso di radicamento e il bisogno innato di novità, può facilitare l’orientamento nello spazio e tutelare il funzionamento neurobiologico della memoria.

Grazie alle ricerche sviluppate negli ultimi trent’anni, una solida letteratura scientifica connette i fattori protettivi citati alle quattro dimensioni del comportamento umano: neurobiologica, psicologica, sociale e fisica. Il masterplan non può più rinunciare ad utilizzare questo bagaglio conoscitivo nella rigenerazione e nello sviluppo urbano. 
Il ruolo della pianificazione e del progetto urbano devono tornare ad essere centrali nel dibattito economico, sociale e politico proprio perché la cura della salute fisica e mentale dei cittadini è l’asset più importante e strategico di un paese democratico, e che vuole rimanere tale.




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Per approfondimenti: TUNING ARCH  www.tuning-arch.com  arco di sintonia: neuroscienze e psicologia ambientale applicate alla progettazione urbana e architettonica, sintonizzare l'architettura agli esseri umani, a cura di Davide Ruzzon

lunedì 19 maggio 2025

URBAN AI - Manifesto per l'urbanizzazione della tecnologia

 

URBAN AI

urbanizzare l'Intelligenza Artificiale


URBAN AI è stata fondata da Hubert Beroche nel 2021. Per 6 mesi, Beroche ha esplorato 12 città e incontrato oltre 130 professionisti dell'IA, per comprendere come l'IA trasformi le nostre città. È stato durante questo progetto che è emerso il concetto di IA urbana. Il concetto di "IA urbana" è stato sviluppato collettivamente nel rapporto URBAN AI, poi approfondito presso la cattedra ETI della IAE Paris Sorbonne Business School, prima di dare vita al think tank.

Da allora, Urban AI è cresciuta enormemente. Il think tank ora supporta una comunità di 150 membri: ricercatori, dipendenti pubblici e startup all'avanguardia nell'intelligenza artificiale, che partecipano a scambi sulle opportunità e le sfide che questo settore si trova ad affrontare.

Nel 2022, Urban AI ha lanciato il programma "Emerging Leaders", con l'obiettivo di formare la prossima generazione di professionisti dell'intelligenza artificiale urbana, e ha iniziato a fornire servizi di consulenza strategica a Lille Métropole, PCA-STREAM, BNP Real Estate e molti altri stakeholder urbani. In collaborazione con il Jacobs Technion-Cornell Institute, Urban AI ha ospitato una web series sul futuro dell'intelligenza artificiale urbana. Inoltre, Urban AI ha tenuto la sua prima conferenza in presenza ad Amsterdam a dicembre.



URBANIZZAZIONE DELL'IA

Invece di creare "Città Intelligenti", la nostra ambizione è urbanizzare l'Intelligenza Artificiale. Immaginare e sviluppare IA che preservino il nostro contratto sociale, diano potere alle persone, accolgano le nostre culture e contribuiscano a rendere le città vivaci e sostenibili.



MANIFESTO PER L'URBANIZZAZIONE DELLA TECNOLOGIA

Per anni la Smart City ha rappresentato la massima espressione del progresso urbano. Questo concetto può essere definito come l'uso delle tecnologie dell'informazione per migliorare la qualità della vita dei cittadini, riducendo al contempo i costi operativi per le città e gli attori urbani. La trasformazione digitale in corso, l'abbondanza di dati urbani e l'emergere delle tecnologie di intelligenza artificiale hanno supportato questa visione, rendendo le città di tutto il mondo sempre più "intelligenti".

Nonostante questa pubblicità, cominciò a emergere una crescente opposizione. Sia in Europa che in Nord America, i cittadini diffidano sempre di più del monitoraggio urbano e rivendicano maggiori diritti digitali [1]. In Asia, dal Medio Oriente al Sud-Est, diverse Smart City come Masdar e Songdo faticano ad attrarre residenti.

Riteniamo che questo fallimento globale evidenzi una carenza concettuale.

Nel paradigma della Smart City, la qualità della vita viene quantificata principalmente attraverso il consumo di servizi e beni urbani. Per questo motivo la tecnologia viene utilizzata per ottimizzare la città.

Questo approccio ha i suoi vantaggi. L'ottimizzazione dei servizi urbani quali la gestione delle risorse idriche, la logistica urbana e la manutenzione delle infrastrutture può contribuire a rendere le città più sicure ed efficienti. In una certa misura, le reti intelligenti rendono possibile un'energia più economica e più verde, mentre gli strumenti digitali possono promuovere l'impegno civico.

Tuttavia, di per sé, questo paradigma è incompleto [2]. Le città sono più di una piattaforma ottimizzata che offre un'esperienza utente senza intoppi. La partecipazione civica non può essere ridotta alla trasmissione di dati e gli esseri umani non sono macchine. Al contrario, noi crediamo che:

1. Le città sono di proprietà delle persone. Le strade e i parchi sono plasmati dal desiderio di condividere un destino. I luoghi incarnano i nostri istinti sociali e il nostro bisogno di riunirci. In questo modo le città materializzano il nostro contratto sociale. Sono il terreno comune per generazioni.

2. Le città sono incomplete. Si evolvono e si trasformano nel tempo. Esattamente come se la materialità urbana fosse malleabile. Questa plasticità ci permette di abitare una città, di estenderla e di riconfigurare gli spazi. Le persone non solo possiedono la città, ma la creano costantemente.

3. Le città sono sistemi complessi [3]. La complessità è ordine nell'eterogeneità. Allo stesso modo, le città sono bilanciate da una dinamica dal basso: la densità urbana e le interazioni sociali contribuiscono a distribuire la razionalità e a diffondere le informazioni. Queste accoglienti collisioni di singolarità e culture rendono possibile il cosmopolitismo. Ecco perché le città sono luoghi in cui la diversità può prosperare e prosperare.

4. Le città sono terre di libertà e opportunità. Sono luoghi di incontri e di esplorazione. Incontro con altre singolarità ed esplorazione di nuove culture. Da queste frizioni nasce la libertà. Permette la realizzazione di sé attraverso l'interazione con l'altro. Ci dà l'opportunità di diventare ciò che siamo.

5. Le città sono ricche di significato. Ospitano la storia quotidiana di persone, comunità e civiltà. Questa narrazione urbana ci ricorda che, «poeticamente, gli esseri umani abitano la terra» [4].

6. Le città non sono bolle artificiali. Sono parte della biosfera e devono riecheggiare questa verità fondamentale. L'urbanità dipende dalla nostra capacità di vivere in modo sostenibile e di soddisfare la nostra biofilia.

Ogni volta che una tecnologia atrofizza una di queste qualità, de-urbanizza la città.

Noi crediamo che oltre ad ottimizzare le città, dobbiamo urbanizzare la tecnologia [5]. Vale a dire, progettare e sviluppare tecnologie che promuovano l'urbanità e la città.

Considerando i nostri sei principi urbani, le tecnologie urbanizzate sono:

1. Situato. Hanno origine da un contratto sociale, da una cultura e da una geografia.

2. Aprire. Sono accessibili a tutti ed evolutivi.

3. Decentralizzato. Danno potere alle comunità e sono distribuiti equamente.

4. Frizionale. Incoraggiano l'esplorazione attraverso l'interazione.

5. Significativo. Amplificano il linguaggio umano.

6. Ecologico. Sono frugali e a basse emissioni di carbonio.

Nessuna di queste caratteristiche è incompatibile con le tecnologie odierne. I sensori possono trasformarsi in interfacce. Dati e codici possono diventare trasparenti e comprensibili a tutti.
Gli algoritmi possono facilitare l'esplorazione e il vagabondaggio. I social media possono essere decentralizzati e frizionali. Il digitale può essere al servizio della narrazione urbana.

L'unico limite alla reinvenzione delle tecnologie urbane è la nostra immaginazione.
Siamo convinti che sia giunto il momento di completare il paradigma della Smart City e di urbanizzare la tecnologia. È giunto il momento di abitare di nuovo sulla Terra.




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