martedì 28 ottobre 2025

"Architettura Organica si sviluppa dall'interno all'esterno" F.L. Wright, a cura di Carlo Sarno

 "Architettura Organica si sviluppa dall'interno all'esterno" F.L. Wright

a cura di Carlo Sarno



L'idea che l'architettura organica si sviluppi "dall'interno all'esterno" è uno dei suoi principi cardine, formulato in modo esplicito da Frank Lloyd Wright. 

"Generare lo spazio dall'interno all'esterno" nell'architettura organica significa che il processo di progettazione e la forma finale dell'edificio non sono imposti da un'idea preconcetta o da uno stile esterno, ma nascono e si sviluppano dalle esigenze interne, dalle funzioni che vi si svolgeranno e dalla relazione intrinseca con il contesto circostante.

Immagina un albero: la sua forma esterna (rami, foglie, corteccia) non è decisa arbitrariamente, ma è il risultato della sua crescita interna, della ricerca di luce, della sua interazione con il terreno e il clima. Allo stesso modo, l'architettura organica cerca di emulare questo processo naturale.

Questo concetto è fondamentale per distinguere l'architettura organica da approcci più tradizionali o dal Razionalismo, e si basa su diverse motivazioni profonde:


  1. Priorità all'Esperienza Umana e alla Funzione:

    • Partire dall'individuo: L'architettura organica pone l'essere umano, con le sue esigenze fisiche, psicologiche e spirituali, al centro del progetto. Si inizia a pensare all'edificio non come una forma predefinita da riempire, ma come uno spazio che deve servire e arricchire la vita di chi lo abiterà. Le funzioni e le attività che si svolgeranno all'interno definiscono la disposizione e le relazioni spaziali.

    • Dalla funzione alla forma: La forma dell'edificio non è imposta dall'esterno (ad esempio, da uno stile preesistente o da un'idea puramente estetica), ma emerge naturalmente dalle necessità interne e dal modo in cui gli spazi interagiscono. È la funzione che plasma la forma, non viceversa. Questo è in contrasto con molti stili storici dove la facciata e la grandiosità esterna erano spesso la priorità.

  2. Unità e Fluidità Spaziale:

    • Superamento della "scatola": L'architettura organica rifiuta l'idea dell'edificio come una "scatola" rigida divisa in stanze separate. Invece, cerca una continuità e una fluidità spaziale tra gli ambienti interni. Le pareti possono essere ridotte al minimo, i volumi si compenetrano e l'arredamento stesso può essere integrato nella struttura, tutto per favorire un senso di unità.

    • Dilatazione dello spazio: Questo fluire degli spazi interni non si ferma alle pareti esterne, ma tende a estendersi verso l'esterno, creando una continuità visiva e fisica con il paesaggio circostante. Grandi vetrate, terrazze a sbalzo, portici e patii diventano elementi di transizione che fondono interno ed esterno.

  3. Integrazione con il Contesto e la Natura:

    • Il sito come punto di partenza: Per Wright, un edificio dovrebbe "crescere dal terreno" e non semplicemente essere "posato su di esso". Questo significa che il design interno ed esterno è influenzato dalla topografia, dalla vegetazione, dall'orientamento solare e dalle viste del sito. Le forme e i materiali scelti derivano da un'attenta osservazione dell'ambiente naturale in cui l'edificio si inserisce.

    • Rispetto per l'ambiente: Partire dall'interno significa anche considerare come l'edificio interagisce con il clima e le risorse naturali. La ventilazione naturale, l'illuminazione zenitale, l'uso di materiali locali e l'orientamento per massimizzare o minimizzare l'esposizione solare sono tutti elementi che nascono da una comprensione delle condizioni interne e ambientali.

  4. Individualità e Unicità:

    • Design su misura: Poiché ogni individuo o famiglia ha esigenze diverse e ogni sito ha caratteristiche uniche, l'architettura organica rifiuta l'idea di uno stile universale o di un "prototipo" replicabile. Ogni progetto è unico, un'espressione della personalità del committente e delle specificità del luogo. Lo sviluppo dall'interno verso l'esterno permette questa personalizzazione.

    • Esprimere la "verità" dell'edificio: L'edificio non è una maschera o una facciata, ma una sincera espressione della sua struttura, dei suoi materiali e della sua funzione. La forma esterna è il risultato logico e organico delle forze e degli spazi interni, e del suo rapporto con il luogo.


Riassumendo, "sviluppo dall'interno all'esterno" significa che:

  • L'interno è il generatore della forma esterna.

  • La funzione e l'esperienza umana sono le priorità.

  • L'edificio è concepito in armonia con il suo ambiente naturale e culturale, non come un'entità estranea.

  • Si cerca una continuità e fluidità tra gli spazi, che si estendono fino al paesaggio.

Questo approccio porta a edifici che non solo sono esteticamente gradevoli e integrati, ma che sono anche profondamente funzionali, confortevoli e significativi per coloro che li abitano. 

La Casa sulla Cascata di Wright è l'esempio per eccellenza: la struttura a sbalzo, le finestre e i materiali non sono scelti per la loro estetica astratta, ma perché permettono agli abitanti di vivere letteralmente con e nella cascata, con l'interno che si proietta e si fonde con l'ambiente esterno.

In sintesi, "generare lo spazio dall'interno all'esterno" significa che l'architettura organica è un'architettura centrata sull'uomo e sul luogo, dove la forma segue la vita e l'ambiente, piuttosto che imporsi su di essi. L'edificio diventa un'estensione armoniosa e integrata del suo contesto, sia umano che naturale.


Alcuni esempi

Per chiarire ulteriormente il concetto di "sviluppo dall'interno all'esterno" nell'architettura organica, ecco alcuni esempi specifici che illustrano come questo principio si manifesta in opere concrete:


1. Fallingwater (Casa sulla cascata) di Frank Lloyd Wright:




  • Come si sviluppa dall'interno all'esterno:

    • Punto di partenza: Non è stata progettata come una "scatola" da posizionare sul sito, ma ha preso forma dalle esigenze dei proprietari (i Kaufmann) e dalla straordinaria caratteristica naturale del luogo: la cascata. L'idea era di permettere alla famiglia di vivere con la cascata, non solo di osservarla.

    • Funzione e Flusso Interno: Le stanze sono disposte attorno a un camino centrale (il cuore della casa), e gli spazi si aprono fluidamente uno nell'altro. Ci sono collegamenti diretti con l'esterno da quasi ogni stanza.

    • Proiezione all'Esterno: Le famose terrazze a sbalzo non sono solo elementi estetici; sono l'estensione letterale degli spazi interni verso il ruscello e la foresta. Esse creano un'esperienza immersiva, dove l'abitante è portato nel paesaggio. Le finestre d'angolo senza montanti permettono viste panoramiche ininterrotte, eliminando la barriera tra interno ed esterno.

    • Materiali e Struttura: La roccia locale utilizzata per le pareti verticali e il cemento per le sporgenze orizzontali richiamano gli strati geologici della formazione rocciosa sottostante, facendo sì che la casa sembri crescere organicamente dal sito.


2. Sanatorio di Paimio di Alvar Aalto:




  • Come si sviluppa dall'interno all'esterno:

    • Punto di partenza: La funzione primaria era la guarigione dei pazienti con tubercolosi. Ogni decisione di design partiva dalle loro esigenze terapeutiche.

    • Funzione e Flusso Interno:

      • Camere dei pazienti: Orientate per massimizzare la luce solare e la vista sul paesaggio, con finestre ampie e balconi privati per l'esposizione all'aria fresca.

      • Lavandini silenziosi: Progettati per non fare rumore e non disturbare i pazienti nella stanza accanto.

      • Colori interni: Scelti per essere riposanti per gli occhi affaticati.

      • Corrimano: La forma ergonomica dei corrimano e la loro altezza erano pensate per sostenere i pazienti deboli.

    • Proiezione all'Esterno: La disposizione a "ventaglio" delle ali dell'edificio non è arbitraria; è una risposta diretta alla necessità di dare a ogni paziente il massimo accesso alla luce solare e alla vista del bosco, proiettando le funzioni interne verso l'ambiente esterno benefico. L'esterno dell'edificio riflette questa configurazione interna funzionale.


3. Villa Mairea di Alvar Aalto:



  • Come si sviluppa dall'interno all'esterno:

    • Punto di partenza: Le esigenze e lo stile di vita di una famiglia specifica, con un amore per l'arte e la natura.

    • Funzione e Flusso Interno: Gli spazi interni sono fluidi e non rigidamente definiti. Ad esempio, la piscina interna non è semplicemente un rettangolo, ma segue una forma organica che sembra un ruscello naturale, estendendo la natura all'interno. La scala non è un elemento separato, ma si fonde con lo spazio, utilizzando pali di legno che ricordano gli alberi circostanti.

    • Proiezione all'Esterno: Grandi finestre e porte scorrevoli collegano senza soluzione di continuità gli interni con il bosco e i giardini. Il patio centrale funge da "stanza all'aperto", estendendo lo spazio abitativo. I materiali (legno, pietra, mattoni) richiamano quelli del paesaggio finlandese. L'esterno della casa non è una facciata decorata, ma il rivestimento di volumi e funzioni interni che cercano di relazionarsi con l'ambiente circostante.


4. Guggenheim Museum di Frank Lloyd Wright (New York):



  • Come si sviluppa dall'interno all'esterno:

    • Punto di partenza: La funzione unica di esporre l'arte in un modo nuovo e di creare un'esperienza immersiva per il visitatore.

    • Funzione e Flusso Interno: Il design si basa su una rampa continua che sale gradualmente, permettendo ai visitatori di osservare l'arte mentre salgono o scendono. Non ci sono piani separati con stanze tradizionali; l'interno è un unico spazio fluido.

    • Proiezione all'Esterno: La forma a spirale dell'edificio (che sembra una conchiglia o un vaso) è la manifestazione esterna diretta di questa rampa interna. Non è una forma imposta arbitrariamente, ma il risultato del modo in cui le persone si muovono e interagiscono con l'arte al suo interno. La luce naturale, filtrata dal lucernario centrale, inonda lo spazio interno, un'altra estensione dell'ambiente esterno.


In tutti questi esempi, la forma esterna non è un mero rivestimento decorativo, ma è intrinsecamente legata e generata dalla disposizione spaziale, dalle funzioni, dai materiali e dall'interazione desiderata con l'ambiente circostante, partendo sempre dall'esperienza umana e dalla vita che si svolge dentro l'edificio.




lunedì 27 ottobre 2025

L'Architettura Organica Cristiana di Carlo Sarno in rapporto ai principi dell'architettura di Frank Lloyd Wright (1867-1959) e Antoni Gaudi (1852-1926)

L'Architettura Organica Cristiana di Carlo Sarno in rapporto ai principi dell'architettura di Frank Lloyd Wright (1867-1959) e Antoni Gaudi (1852-1926)


a cura della Redazione di ADAO


Carlo Sarno è un architetto contemporaneo che ha dedicato la sua attività professionale e teorica all'approfondimento dell'Architettura Organica Cristiana (o come la definisce a volte, "Architettura Organica è Amore").
La sua filosofia si distingue per l'enfasi sulla dimensione spirituale e morale dell'architettura.



I Principi di Carlo Sarno
Sarno non si limita a un'interpretazione stilistica dell'organicità (come l'uso di forme curve o materiali naturali), ma ne estende il significato facendone un atto etico e teologico. I suoi principi chiave sono:

1. Architettura come Amore
Il fondamento della sua visione è che "Il fondamento dell'Architettura Cristiana è l'Amore, e poiché Dio è Amore, il fondamento dell'Architettura Cristiana è Dio".
L'architettura organica deve scaturire da un "atto di amore" che concorre al buon vivere e al buon abitare.
L'Amore non è solo un sentimento, ma un "principio attivo" che si traduce nell'azione: l'architetto deve progettare per gli altri ciò che vorrebbe fosse fatto per sé stesso (richiamo al comandamento cristiano).
Un'opera è organica quando è espressione di sintropia, fraternità, gioia e bellezza generate dall'Amore.

2. Sintonizzazione con la Parola di Dio
L'Architettura Organica Cristiana è vista come un'architettura in sintonia organica con il Vangelo e la Parola di Dio, che deve contribuire a una migliore comprensione dello spazio liturgico in una prospettiva teandrica (che unisce l'umano e il divino) ed ecclesiologica (che riguarda la Chiesa come comunità).

3. Contrasto all'Architettura "Schizofrenica"
Sarno critica un'architettura che è frutto di egoismo, ambizione e presunzione, definendola "schizofrenica". L'Architettura Organica, al contrario, deve emergere spontaneamente dalle "vere" necessità della vita fisica e spirituale dell'uomo, escludendo l'autoreferenzialità formale.
L'architettura moderna e contemporanea, a suo avviso, è disorganica e malata perché rinuncia ai fondamenti cristiani e alla verità rivelata, mancando di una chiara distinzione tra ciò che è congruente con i valori etici e ciò che non lo è.

L'architetto Carlo Sarno propone un'interpretazione profonda e contemporanea dell'Architettura Organica, elevandola da un semplice movimento estetico o sostenibile a una vera e propria scelta etica, spirituale e teologica. 
Il concetto fondamentale su cui si basa la sua intera teoria è riassumibile nell'assioma: "Architettura Organica è Architettura con Amore." 
Per Sarno, l'architettura non è mai neutra, ma è sempre un'espressione della verità o della falsità interiore di chi progetta e costruisce.

1. Il Fondamento Spirituale: Dio è Amore
Il punto di partenza di Sarno è la fede cristiana, in cui Dio è definito come Amore. Di conseguenza, l'Architettura Organica Cristiana è fondata su questo stesso principio: L'Amore è l'essenza di Dio e, per estensione, il fondamento della buona Architettura Cristiana.
Atto Creativo: L'architettura è vista come un'imitazione, su scala umana, dell'atto creativo divino. Affinché l'opera sia "organica" (cioè viva, vera, e coerente), deve scaturire da un intenso sentimento di Amore, che innesca un processo di crescita e di trasformazione positiva (Sintropia).
Armonia della Trinità: La Chiesa e la sua architettura diventano il luogo in cui si attua organicamente l'amore creativo della Santissima Trinità, promuovendo un ambiente di comunione e armonia.

2. Il Principio Etico e Operativo (La Regola d'Oro)
L'amore, nel pensiero di Sarno, non è passivo, ma è un principio attivo (fare, agire, trasformare). Questo si traduce in un imperativo categorico per il progettista: l'architetto deve applicare la Regola d'Oro cristiana al proprio mestiere.
Principio d'Azione: "Fate dunque agli altri tutto ciò che vorreste facciano a voi."
Progetto come Carità: L'architetto non deve progettare per la propria vanità o ambizione, ma deve concepire ogni opera come un atto caritatevole verso il prossimo e la natura. L'edificio deve essere progettato per l'uomo e non viceversa, garantendo il "maggior grado di buon vivere e di buon abitare."
Rapporto Organico: Una buona opera nasce da un rapporto organico e sincero di amore tra tutti gli attori coinvolti nella sua realizzazione (architetto, committente, imprenditore, utenti e operai).

3. Le Qualità dell'Opera Organica Cristiana
Quando il principio dell'Amore viene attuato, l'architettura assume qualità specifiche, intese come espressione tangibile di valori spirituali:

Qualità -> Significato Organico-Cristiana
Sintropia - Tendenza di un sistema all'ordine, alla crescita e all'armonia, opposta all'Entropia (disordine e degrado). L'Amore genera Sintropia.
Fraternità - Creazione di spazi che favoriscono la comunione, il rispetto e la solidarietà, riflettendo l'unione fraterna voluta da Cristo.
Carattere - L'edificio deve esprimere in modo sincero e chiaro il suo scopo specifico, rispondendo alle vere necessità fisiche e spirituali.
Bellezza e Gioia - La bellezza non è superficiale, ma la manifestazione esteriore di un'opera permeata dall'Amore e dalla Verità, capace di infondere gioia.

L'Architettura Organica Cristiana di Carlo Sarno è dunque il tentativo di ricondurre la disciplina alla sua essenza originaria, intesa come arte sacra destinata a migliorare l'esistenza umana in armonia con l'ordine cosmico della creazione e la volontà divina rivelata da Gesù Cristo.


FRANK LLOYD WRIGHT  E  CARLO SARNO


Il rapporto tra la teoria dell'Architettura Organica di Frank Lloyd Wright (FLW) e l'Architettura Organica Cristiana di Carlo Sarno è di continuità e radicalizzazione etica e spirituale.
Sarno riconosce e utilizza i principi fondamentali di Wright, ma li reinterpreta e li estende, radicandoli esplicitamente nella dottrina teologica cristiana.

Punti di Contatto e Continuità
Carlo Sarno si basa apertamente sulla visione di Wright, in particolare sui suoi principi più spirituali e morali.

1. Centralità della Natura e della Verità
Sarno eredita il principio cardine di FLW: la necessità che l'edificio si fonda con l'ambiente e sia sincero nella sua espressione.
Wright: Sosteneva che l'edificio dovesse "crescere dal sito" ed essere "sincero, vero, gentile, amorevole e pieno di integrità".
Sarno: Traduce questo in un atto di venerazione per la Creazione di Dio. La verità del materiale e la sua integrazione nel paesaggio diventano un'espressione di umiltà e rispetto verso l'ordine divino.

2. Architettura come Fatto Morale e Spirituale
Sia Wright che Sarno vedono l'architettura non come una mera tecnica o un affare commerciale, ma come una missione spirituale.
Wright: Affermava che il mestiere dell'architetto non è un affare, ma "una religione, fondamentale per il benessere e la cultura dell'umanità". Citava inoltre l'idea che "Il Regno di Dio è dentro di voi" per spingere l'uomo a raggiungere il divino attraverso la natura.
Sarno: Sposa totalmente questa visione, ma la identifica esplicitamente con la dottrina cristiana: l'architettura è un "atto d'amore" e la sua essenza è Dio, poiché Dio è Amore.

3. Focus sull'Uomo e l'Abitare
Entrambi mettono al centro l'esperienza umana e la qualità della vita.
Wright: "Non l'uomo è fatto per l'architettura ma l'architettura per l'uomo." Il progetto deve rispondere alla personalità unica dell'individuo.
Sarno: Lo traduce nell'impegno etico di garantire il "buon vivere e il buon abitare" attraverso il progetto, inteso come un atto di carità universale.

L'Innovazione di Sarno: La Radicalizzazione Cristiana
La differenza sostanziale risiede nella specificità teologica data da Sarno a principi che in Wright erano spirituali ma laici e universali.

Principio Organico di FLW -> Rielaborazione Cristiana di C. Sarno
Amore/Integrità (etica laica universale) - Identificato esplicitamente con l'Amore di Dio e la Carità Cristiana (Agape).
Armonia con la Natura - Rispettare la natura è venerare la Creazione e adempiere al ruolo di custode della Terra.
Progetto Funzionale (risponde all'individuo)  - Tradotto nell'obbligo di praticare la Regola d'Oro cristiana: progettare per gli altri come per sé, garantendo la Fraternità e la Sintropia negli ambienti.
Critica al Dogmatismo - Si traduce nella critica all'"Architettura Schizofrenica" (egoista, ambiziosa, senza verità spirituale) opposta all'architettura in sintonia con il Vangelo.

In sintesi, Sarno prende la struttura filosofica dell'Architettura Organica di Wright e la "converte" in una dottrina operativa cristiana. L'organicità, che per Wright era la legge della natura e della vita, per Sarno diventa l'applicazione delle leggi rivelate da Cristo all'arte del costruire.


ANTONI GAUDI  E  CARLO SARNO


Il rapporto tra l'architettura di Antoni Gaudí e la teoria di Carlo Sarno è quello tra precursore mistico e teorico contemporaneo. Sarno vede Gaudí come la massima espressione storica dell'Architettura Organica Cristiana, un modello di riferimento che ha attuato i principi etici e spirituali che Sarno stesso teorizza.

1. Gaudí: L'Architetto Organico Cristiano Ante Litteram
Antoni Gaudí (1852-1926) è considerato il precursore per eccellenza dell'organicità mistica e religiosa. La sua opera è la perfetta sintesi dei concetti che Sarno promuove:
Natura come Tempio di Dio: Gaudí sosteneva che "l'architetto della natura è Dio". Per lui, la natura è il "Grande Libro" da cui l'architetto deve trarre insegnamento. Ha tradotto le leggi strutturali della natura (come le catenarie, le superfici rigate, le colonne arboree) direttamente nell'architettura, specialmente nella Sagrada Família . L'interno della basilica è concepito come un bosco sacro, dove le colonne si ramificano come alberi per sostenere le volte.
Fede come Fondamento: L'architettura di Gaudí è profondamente radicata nella sua fervente fede cattolica. Le sue opere sono sature di simbolismo cristiano, trasformando l'edificio in una narrazione teologica e liturgica.
Originalità come Ritorno alle Origini: Gaudí affermava che "l'originalità consiste nel tornare alle origini," che per lui significava tornare alla fonte della Creazione, ovvero Dio.

2. Sarno: Il Teorico che riscopre Gaudí
Carlo Sarno non considera Gaudí un semplice architetto di forme curve, ma il massimo esempio pratico di come l'amore cristiano possa informare l'atto del costruire.

Concetto di Sarno -> Applicazione Pratica in Gaudí
Architettura è Amore / Carità - Gaudí dedicò quasi tutta la sua vita e le sue energie al progetto della Sagrada Família (opera espiatoria, finanziata da offerte popolari), considerandola un'offerta a Dio e al popolo.
Sintonia con la Creazione - L'uso di forme zoomorfe, colonne arboree e le torri che imitano le forme della natura, integrando la struttura con le leggi naturali.
Architettura come Religione - Gaudí stesso visse in maniera ascetica in cantiere per decenni e considerava l'architettura il suo ministero di lode a Dio.
Spazio Organico e Liturgico - La Sagrada Família è progettata per elevare lo spirito del fedele, usando la luce e l'altezza per guidare lo sguardo verso il divino, integrando iconografia e struttura in un unicum mistico.

In definitiva, Sarno si riferisce a Gaudí come una prova storica e un modello esemplare per la sua teoria. Se Frank Lloyd Wright ha fornito a Sarno la cornice filosofica dell'organicità (laica e universale), Antoni Gaudí gli ha fornito la dimostrazione concreta che questa filosofia può essere pienamente realizzata in un contesto profondamente cristiano e sacro, dove la forma e la struttura sono al servizio di un messaggio spirituale trascendente che accoglie il Vangelo di Gesù.



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Per approfondimenti sulla Architettura Organica Cristiana di Carlo Sarno : https://carlosarno.blogspot.com


lunedì 4 agosto 2025

Hugo HARING (1882-1958) maestro Architettura Organica Europea

 

Hugo HARING (1882-1958) 

maestro Architettura Organica Europea





Hugo Häring, che ha contribuito in modo significativo al dibattito sull'architettura moderna, ha realizzato relativamente pochi progetti nel corso della sua carriera. Ciò è dovuto a diversi fattori, primo fra tutti il contesto in cui si è trovato: la Germania negli anni precedenti, durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. Sebbene gli edifici realizzati da Häring siano esempi chiave di una corrente significativa, seppur marginalizzata, dell'architettura moderna, sono i suoi scritti e le sue affermazioni teoriche a costituire la sua più grande eredità.




Siemensstadt, Berlino (1929-1931)


Divenuto un membro chiave dell'avanguardia artistica e architettonica tedesca subito dopo la Prima Guerra Mondiale, Häring e i suoi contemporanei – una generazione di architetti che includeva, tra gli altri, i fratelli Taut, Erich Mendelsohn, Hans Scharoun, Hans Poelzig, Ludwig Mies van der Rohe, Hermann Finsterlin, Walter Gropius e Le Corbusier – articolarono le molteplici aspirazioni dell'architettura moderna. La visione di Häring, ciò che Peter Blundell-Jones definisce "organicismo costruito", ricercava una dimensione spirituale nell'architettura, affermando il duplice significato di Gestalt e Geist . Gestalt , un termine che denota "forma permeata di significato o importanza" (Blundell-Jones), e Geist (Spirito nel senso di "forza organizzatrice della mente") sono concetti che egli enfatizzò ripetutamente nei suoi scritti. 
Le idee di Häring e la sua attenzione al programma come generatore di forma architettonica si distinguevano dalla Typisierung (standardizzazione, forma normativa) sostenuta da molti dei suoi contemporanei (tra cui Hannes Meyer, Walter Gropius e Ludwig Hilberseimer). Due saggi in particolare, Strukturprobleme des Bauens (Problemi strutturali degli edifici) del 1931 (rivista nel 1946), un trattato che esamina gli ordini sottostanti dell'edilizia, e Über das Geheimnis der Gestalt (Sul segreto o mistero della Gestalt ), il suo ultimo saggio completo, inquadrano i suoi pensieri essenziali sull'architettura. Tuttavia, questi saggi sono integrati dai suoi progetti edilizi e dalle raccolte di scritti, tutti fondamentali per comprendere le sfumature delle sue idee.

Condivise da molti degli architetti riuniti attorno all'Arbeitsrat, al Novembergruppe e al Der Ring , le idee di Häring affondano le loro origini nei primi scritti di Goethe, considerati le opere seminali del Romanticismo tedesco. Nell'apparato concettuale di Häring sono inoltre incastonate idee strettamente associate al misticismo della natura tedesco, una prospettiva teologica che è alla base del Romanticismo tedesco. L'adesione a queste idee, formulate attraverso ripetuti tentativi di chiarire e distinguere le sue posizioni da quelle dei suoi contemporanei, divenne più evidente con il progredire della carriera architettonica di Häring.



 Hugo Häring nacque a Biberach, una cittadina a sud di Stoccarda, il 22 maggio 1882. Come la maggior parte dei suoi colleghi, che sarebbero diventati maggiorenni subito dopo la Prima Guerra Mondiale, Häring nacque in un mondo che stava diventando più aperto e standardizzato. La Germania, un paese economicamente arretrato rispetto a gran parte dell'Europa occidentale, visse un'infusione di nuove idee e nuove influenze subito dopo la riuscita unificazione della metà settentrionale e meridionale dello stato tedesco da parte di Bismarck. Il padre di Häring era un ebanista molto stimato che gestiva un laboratorio nei locali della casa di famiglia. Non a caso, Häring mostrò una netta preferenza per l'uso del legno e per i dettagli artigianali durante tutto il corso della sua carriera.

Dopo aver completato il liceo, Häring si iscrisse a un corso di studi formale, entrando nel programma di architettura presso la Technische Hochschule di Stoccarda nel 1899. All'epoca, gli studi di progettazione erano molto conservatori, con vari stili storici (gotico, classico e primo Rinascimento) che rappresentavano la gamma di stili architettonici ammessi all'interno dell'accademia. Per molti architetti tedeschi dell'epoca, il Baukunst (l'arte del costruire) regnava come ideale, e agli studenti venivano successivamente insegnati i meccanismi dell'edilizia nei corsi di edilizia, statica e strutture e geometria. Veniva insegnato anche il disegno a mano libera, sebbene l'uso dell'espressione artistica individuale fosse limitato. Häring evidentemente reagì alla pedanteria insistente e alle limitazioni imposte dalla sua facoltà, disdegnando l'uso del termine Architektur per tutta la sua carriera. Tuttavia, l'impatto dei termini associati a Baukunst, a differenza del termine Architektur, gravato accademicamente, non può essere sottovalutato; Il termine "Baukunst", con la sua enfasi sui sistemi strutturali, sulle nuove tecnologie e sui materiali, nonché sull'edilizia vernacolare, ha gettato le basi per un allontanamento dalle regole e dai principi accademici. Architetti di mentalità aperta, tra cui Häring, hanno utilizzato il termine per segnalare il loro distacco dalla tradizione accademica.

Dopo una breve incursione a Dresda subito dopo la fine del secolo, Häring tornò a Stoccarda e iniziò a studiare con uno dei primi sostenitori dell'architettura moderna in Germania, l'architetto tedesco Theodor Fischer. Sebbene il curriculum progressista di Fischer incoraggiasse gli studenti a studiare il linguaggio classico accettato, lo faceva da una prospettiva critica. Abbracciando il concetto di Baukunst , suggerì anche ai suoi studenti di sforzarsi di osservare i precedenti vernacolari, come fattorie ed edifici industriali. Insieme ai suoi studenti, la ricerca di Fischer sull'architettura vernacolare gli permise di formulare un'attenzione per le circostanze di contesto, organizzazione e funzione, un approccio che avrebbe avuto un profondo impatto sullo sviluppo della "tradizione organica modernista" (Blundell-Jones). La promozione da parte di Fischer di alternative alla tradizione accademica suggerì a sua volta che gli architetti indagassero lo sviluppo tecnologico e il cambiamento sociale nella loro ricerca del significato e dell'importanza dell'architettura.

Durante i primi anni della sua attività architettonica, all'incirca dal 1904 al 1914, Häring, come molti architetti progressisti della sua generazione, faticò a trovare lavoro. Il neoclassicismo rimase la corrente prevalente sia in ambito accademico che professionale, e il persistente ricorso alla tradizione da parte della maggior parte degli architetti affermati d'Europa e dei loro clienti, per quanto derivativo e stantio, fu interrotto solo dalla catastrofe della Prima Guerra Mondiale. Per la maggior parte dei giovani architetti, la guerra servì a mettere da parte l'attività professionale, che fino a quel momento era stata assorbita da candidature a concorso fallite e da una limitata esposizione professionale. Sebbene avesse già trent'anni, Häring fu chiamato in servizio, prestando servizio come soldato per un anno prima di essere finalmente arruolato come architetto nella Prussia Orientale. Situata in un'area contesa e gravemente danneggiata della Germania, stretta tra rivendicazioni russe, polacche e tedesche, vaste aree della Prussia Orientale (ora nella Polonia settentrionale) necessitavano di ricostruzione, anche solo per rafforzare l'affermazione della proprietà da parte della Germania.

Dopo la guerra, Häring divenne un partecipante attivo ai movimenti architettonici d'avanguardia tedeschi, lavorando al fianco di Mies van der Rohe e altri influenti architetti. Fu coinvolto in Der Ring , un gruppo architettonico progressista, e il suo lavoro continuò a sfidare gli approcci formalisti dominanti dell'epoca. Tuttavia, a causa degli sviluppi politici in Germania, l'influenza di Häring diminuì e le sue idee organiche funzionaliste furono emarginate dall'ascesa del razionalismo scientifico e della standardizzazione in architettura.

 




Gut Garkau (1922-1928)


Sebbene Häring abbia costruito relativamente poche strutture, la sua opera più nota, Gut Garkau (1922-1928), rimane un esempio fondamentale della sua filosofia architettonica organica. I suoi contributi all'edilizia popolare durante la Repubblica di Weimar evidenziano anche il suo impegno per un'architettura incentrata sulla persona. Negli ultimi anni le sue idee sono state ampiamente oscurate dalle tendenze moderniste tradizionali, ma i dibattiti architettonici contemporanei hanno sempre più riconosciuto l'importanza delle sue teorie sull'architettura organica e sul funzionalismo.


 
Progetto di Villa (1946)


Häring morì il 17 maggio 1958 dopo una lunga malattia. Sebbene rimanga una figura meno nota nella storia dell'architettura moderna, i suoi scritti e i suoi contributi teorici continuano a influenzare il dibattito contemporaneo su sostenibilità, architettura organica e regionalismo.

Elizabeth Burns Gamard




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Fonte: https://architecture-history.org/architects/architects/HARING/biography.html

venerdì 11 luglio 2025

LUIGI PICCINATO: Dal razionalismo all’organicismo, di Sandra Sangermano


Luigi Piccinato, 1899-1983. L’impegno civile tra teoria e prassi: architettura, città, territorio

di Sandra Sangermano

LUIGI PICCINATO: Dal razionalismo all’organicismo


L’avvento del secondo conflitto mondiale provoca un rallentamento forzato all’attività accademica e scientifica di Luigi Piccinato, ma durante questa pausa l’urbanista coglie l’occasione per mettere a sistema i suoi studi sulla città medievale e pubblica nel 1943 Urbanistica medievale46. 
L’interesse di Piccinato per la storia dell’urbanistica medievale affonda le radici nelle riflessioni in merito di Camillo Sitte e a partire dagli anni ’30 diventa una tematica su cui l’urbanista concentra le sue riflessioni e su cui pubblica diversi scritti: nel 1931 La città medioevale47, nel 1933 Medioevo48, nel 1937 Per una tipologia delle città medioevali italiane49, nel 1941 Origine dello schema urbano circolare nel Medioevo50 fino al libro del 1978 Urbanistica medievale che sintetizza tutte le sue riflessioni sul tema. 
Lo studio sistematico di Piccinato sull’urbanistica medievale rappresenta sicuramente il primo tentativo di codificazione delle forme e dei contenuti per quella particolare epoca storica e colma il vuoto presente in tutti i testi che affrontano la storia dell’urbanistica italiana. Come chiarisce l’urbanista nella prima pagina del testo del 1978, tutti gli storici hanno affrontato la trattazione storica dell’urbanistica partendo dal Rinascimento: 

“[…] comincia insomma proprio con l’epoca nella quale le città non si creavano quasi più, ma invece se ne inventavano piante fantastiche sulla carta e se ne costruivano teorie. [...]. Ma le città invece erano state già create: il primo e più faticoso cammino della creazione urbana era stato compiuto; e già aveva saldo corpo l’organismo della vita cittadina, già la struttura delle città possedeva una forma, già erano precisati schemi, esperienze, ordinamenti… Ed è il complesso corpo di queste istituzioni medioevali che, mancando di quella copiosissima messe di documentazione grafica che forma invece la ricchezza dell’urbanistica del Rinascimento, sfugge oggi grandemente all’indagine nostra”51. 

 Nel breve saggio Piccinato sembra sottolineare la sintesi e l’unità compositiva di tutte le componenti della città prodotta nell’epoca medievale. A Piccinato sembra necessario studiare l’architettura e l’urbanistica di quell’epoca considerata buia ma che a suo parere ha molto da insegnare; studiarla e analizzarla ci permetterebbe di rintracciare le radici dell’arte e dell’architettura italiana. La città medievale, nella visione dell’urbanista, diventa un’espressione unitaria della società, della politica, della forma urbana e dell’arte: 

“[…] componendo proprio quella armonia di valori pratici e estetici che noi chiamiamo oggi con la parola urbanistica”.52 

 Così Piccinato per andare a fondo e per cogliere tutti gli aspetti della composizione urbana medievale visita, cammina e legge la letteratura locale dei centri medievali che più gli sembrano esprimere l’armonia urbana del tempo53. Descrive i centri più noti e le forme urbane spontanee meno conosciute, ricostruisce la genesi della loro formazione al fine di stilare una classificazione dei tipi edilizi (ne definisce sette) per studiare la loro evoluzione. A tal punto potrebbe nascere spontanea la domanda: perché studiare l’urbanistica medievale in un particolare momento storico caratterizzato dalla distruzione delle città? Perché non elaborare nuovi modelli urbani per la ricostruzione? 
Ebbene per Piccinato è necessario conoscere le radici, la storia e le dinamiche economico-sociali che hanno contribuito alla determinazione delle forme urbane delle nostre città per poterne programmare lo sviluppo, e le città medievali offrono l’opportunità di indagare e comprendere la struttura base delle città contemporanee; quindi la conoscenza dell’arte della composizione urbana medievale come "conditio sine qua non" per pianificare, programmare e organizzare lo sviluppo sociale. 
Nel 1943 Piccinato pubblica Urbanistica. Compendio di tecnica urbanistica e di urbanistica generale, lezioni tenute alla Reale università di Napoli e nel 1947 Urbanistica; il primo è una dispensa universitaria che già ha la fisionomia di un prontuario, il secondo un vero e proprio manuale. È evidente la necessità dell’autore di riorganizzare le sue teorie e di fornire agli studiosi non un modello ma un approccio metodologico, esigenza che avverte proprio all’indomani del conflitto quando lo scenario in ambito accademico e politico è notevolmente mutato: Giovannoni è appena scomparso, la posizione egemonica di Calza Bini è in via di declino e la centralità di Piacentini lascia il posto ad una lenta epurazione. Piccinato, dunque, domina la scena. I primi anni del dopoguerra sono caratterizzati dall’esigenza di chi, come Piccinato, aveva svolto un ruolo importante negli anni del fascismo pur non condividendone il sentimento politico. Si profila all’orizzonte una radicale riorganizzazione del fronte dell’architettura moderna italiana, recuperando le principali personalità del filone dell’architettura razionale collegando quest’ultimo con le esperienze più innovative. 
In una situazione politica connotata da grandi mutamenti a  Piccinato si affianca Bruno Zevi - appena ritornato in Italia - ed insieme programmano la riorganizzazione del fronte dell’architettura moderna italiana. Le intenzioni dei due architetti confluiscono nella creazione dell’Associazione per l’Architettura Organica (APAO) - fondata con il sostegno di Mario Ridolfi, Pier Luigi Nervi e Aldo Della Rocca - le cui attività si focalizzano sul tentativo di creare un legame, spezzato a causa della dittatura, con le esperienze internazionali e democratiche. 

(ndr. dalla nota 55 - Nell'APAO tra i soci ritroviamo nomi prestigiosi: Franco Albini, Giovanni Astengo, Carlo Aymonino, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Melchiorre Bega, Leonardo Benevolo, Piero Bottoni, Roberto Calandra, Giuseppe Campos Venuti, Edoardo Caracciolo, Enrico Censon, Giancarlo De Carlo, Edoardo Detti, Luigi Figini, Ignazio Gardella, Gino Levi-Montalcino, Adalberto Libera, Vico Magistretti, Giovanni Michelucci, Giusta Nico Fasola, Giuseppe Perugini, Gino Pollini, Ludovico Quaroni, Nello Renacco, Leonardo Ricci, Ernesto Nathan Rogers, Giuseppe Samonà, Carlo Scarpa, Ettore Sottsass senior e junior e Marco Zanuso. Tra i membri onorari dell’associazione figurano Alvar Aalto e Frank Lloyd Wright.).

Alla base dell’ideologia dell’associazione vi è la definizione dell’architettura organica che acquisisce le posizioni di Alvar Aalto e di Frank Lloyd Wrigth partendo dal razionalismo di Gropius, di Le Corbusier e di Mies van der Rohe; l’aggettivo organico è nuovo ed utile al tempo stesso sia per cancellare le implicazioni fasciste sia per collegarsi alle esperienze che si stavano sperimentando negli Stati Uniti. 
Il legame viene così rintracciato da Zevi e da Piccinato nel funzionalismo come genesi dell’architettura organica54. Sebbene l’associazione conti circa 240 iscritti55 presto si preannunciano all’orizzonte grandi polemiche da molti, tra cui vecchi razionalisti, che ritennero forzato il tentativo di collegare le due tendenze, il razionalismo funzionale e l’organicismo56. 
Tra gli obiettivi principali dell’associazione vi è quello della formazione di una nuova classe di architetti, a cui si affiancano altre attività come l’aggiornamento del quadro legislativo in materia, la pubblicistica del movimento e l’organizzazione di convegni e di congressi. 
Per raggiungere tali scopi all’associazione si affianca la Scuola di architettura organica fondata ufficialmente il 18 marzo del 1946, anche se le attività didattiche sono già state attivate l’anno precedente, con sede a Palazzo del Drago; i corsi sono quattro: Urbanistica tenuto da Piccinato, Architettura tenuto da Ridolfi, Materie Professionali tenuto da Della Rocca e Costruzioni tenuto da Nervi. I corsi si svolgono nel pomeriggio e sono destinati agli studenti che, chiamati a prestare il servizio militare, avevano interrotto gli studi, al fine di formare una nuova categoria professionale preparata ad operare per la ricostruzione del Paese. L’indirizzo didattico propone un modello rivoluzionario in contrapposizione all’accademismo della Facoltà di architettura di Roma - nella quale continuavano ad insegnare gli allievi di Giovannoni e Piacentini – fondato sulla concezione di costruire una scuola professionale e non di arte nella quale appariva necessario associare alle materie tecniche e scientifiche gli studi di economia e di sociologia. 
Tutte le attività promosse dall’APAO si svolgono in un clima d’intensa operosità e impegno politico attraverso numerosi convegni svolti nel Circolo dell’Associazione a cui partecipano nomi noti: Giulio Carlo Argan, Enrico Tedeschi e Cesare Musatti57. Nel novembre del 1947 l’associazione partecipa anche alla competizione elettorale del Comune di Roma candidando Ridolfi, Zevi e Vallecchi nella lista “Blocco del popolo”. 
L’organo divulgativo ed amplificatore per eccellenza delle battaglie e dei dibattiti promossi dall’APAO è Metron; la rivista viene fondata nel 1945 per volontà dello stesso Zevi, nonché di Piccinato, Ridolfi e Nervi. La direzione è affidata inizialmente solo a Piccinato e a Ridolfi, con Margherita Roesler Franz alla segreteria di redazione; il consiglio direttivo è formato da Piero Bottoni, Cino Calcaprina, Luigi Figini, Eugenio Gentili, Enrico Peressutti, Silvio Radiconcini e Enrico Tedeschi, oltre ai due direttori. Per l’ingresso ufficiale di Zevi nella direzione si deve attendere la pubblicazione del numero 25 del 1948, numero che vede l’ingresso anche di Giovanni Astengo e una composizione nuova della redazione58. Sul numero 2 della rivista viene pubblicato il testo La costituzione dell’Associazione per l’Architettura Organica a Roma59 , una vera dichiarazione di intenti cui mira l’iniziativa; l’APAO è definita come: 

“[…] una libera associazione di lavoro e di studio […]. Roma ha finalmente un’associazione libera di architetti moderni che svolge quelle attività di studi, di aggiornamento, di specializzazione e quelle attività sindacali che sono necessarie alla ricostruzione”60. 

Nel testo è chiarita l’origine dell’architettura organica rintracciata nella corrente del funzionalismo ed è definito il campo nel quale essa opera - il campo sociale e spirituale - inoltre si delinea con decisione la separazione tra quest’architettura e quella monumentale e viene dichiarata la difesa di qualsiasi libertà espressiva architettonica. Il testo prosegue con l’elencazione di tre principi generali indispensabili per il verificarsi di una vera architettura organica e che marcano la netta distanza da qualsiasi spirito nazionalista: la libertà politica, la libertà di associazione e di stampa ed infine le libertà sociali. 
L’associazione riesce in breve tempo a costruire una rete nazionale con sedi distaccate a Venezia, Torino, Genova, Napoli e Palermo; in contemporanea su Metron sono pubblicati saggi che allargano il raggio d’azione della disciplina, interessandosi di economia urbanistica, di pianificazione nella disciplina giuridica, di riforma dell’insegnamento dell’architettura e della necessità di un ministero dell’urbanistica, o ancora del tema della ricostruzione in Italia e all’estero (in Francia e in Inghilterra); si toccano tematiche legate non solo alla pianificazione ma che indagano gli aspetti tecnologici, dimensionali, compositivi e costruttivi dell’architettura residenziale fino alle questioni del restauro dei monumenti. 
Dopo un anno di lavoro la redazione pubblica nel numero 13 il saggio La nostra cultura e Metron61, in cui viene fatto un bilancio del lavoro svolto all’indomani della liberazione in cui sembrava necessario la riorganizzazione del fronte della cultura architettonica e urbanistica in contrasto alla miseria morale del periodo; sono messi in luce gli obiettivi raggiunti ma anche quelli falliti: 

“non una parola nuova in tema di storia dell’architettura e di critica architettonica”62. 

Colmare questo vuoto diventa l’obiettivo principale del successivo percorso di Metron, espletato nella rivalutazione di alcune riflessioni appartenenti ai protagonisti del passato in un quadro aggiornato delle esperienze contemporanee. Riguardo alle polemiche sorte a seguito della dichiarazione delle radici dell’APAO nel funzionalismo, Zevi assume il ruolo di difensore e nel numero 35-36 del 1949 sottolinea come: 

“Alcuni amici, per fedeltà alla battaglia combattuta nel periodo precedente, ci rimproveravano di aver dato risonanza ad un nuovo nome, e temevano che si confondessero i propositi e si provocasse una scissione nel campo dell’architettura moderna. Ormai questi stessi amici si sono, se non convinti, placati: gli architetti organici hanno mostrato coi fatti la loro fedeltà alla tradizione razionalista. Altri amici ci rimproveravano di aggettivare l’architettura: ormai anch’essi si sono convinti che noi aggettiviamo una poetica, com’è conveniente, non l’arte. I più ci hanno domandato per anni, non senza qualche accenno ironico: dov’è questa architettura organica? Se volete, possiamo rispondere: i dormitori di Aalto, lo chalet di Sabaudia, l’ospedale del’I.N.A.I.L., la palazzina a via Monte Parioli, l’edificio di abitazione vicino Roma”63 . 

In effetti la compagine dell’APAO nel corso dei primi anni ha saputo aumentare il volume dei sostenitori con una serrata attività pubblicistica, e anche la sezione del MSA64 di Milano, pur mantenendo la propria autonomia, partecipa alla riorganizzazione della cultura moderna al fianco dell’APAO e utilizza la rivista come piattaforma di studio e di aggiornamento. 
In questa lotta organica per l’architettura moderna l’APAO pone al centro la pianificazione, in modo da favorire l’incontro di due filoni dell’ideologia organica: l’architettura di Bruno Zevi e l’urbanistica di Luigi Piccinato. 
Si è detto, in alcuni casi, che la concezione organica dell’urbanistica di Piccinato, intesa come sviluppo evolutivo dell’organismo-città guidato e programmato dal piano aperto, sia nata in seguito all’incontro con Bruno Zevi. Oggi, alla luce dello studio filologico degli scritti, dei pani urbanistici e dei progetti di architettura di Piccinato è possibile affermare che la fondazione dell’APAO ha costituito l’incontro e il riconoscimento di una comune concezione d’intendere il mestiere e i compiti dell’architetto. 
Questa dichiarazione trova una facile validazione nella lettura critica dei primi piani dell’urbanista e nelle pubblicazioni più importanti: da Padova a Napoli Piccinato applica la sua visione estesa della pianificazione, dal piano aperto che si pone come struttura flessibile per futuri scenari e ampliamenti della città al piano regionale pensato come indirizzo di sviluppo e anello di connessione economica, dal testo Urbanistica. Compendio di tecnica urbanistica e di urbanistica generale, fino agli scritti sull’urbanistica medievale, che rappresentano il “prologo al concetto di urbanistica organica”65. 
Con gli inizi degli anni ’50 si assiste ad un fervore economico che ha origine nel Piano Marshall; in Italia si vive il cosiddetto miracolo economico che muta gli scenari: la pianificazione non è più al centro delle politiche di sviluppo, e il settore su cui si investe è l’industria - soprattutto siderurgica - e l’edilizia conosce un boom senza precedenti. L’APAO incassa un insuccesso, la riforma dell’insegnamento non è stata presa in considerazione e questo influenza la programmazione delle future mosse dell’associazione, tanto che prima della fine degli anni ’60 la struttura si sgretola. 
Non vi è alcun dubbio sulla portata innovatrice delle attività promosse dall’APAO, che ha compattato la compagine dell’architettura moderna e ha aperto dibattiti che poi hanno influenzato l’architettura e l’urbanistica italiana degli anni ’60 - pensiamo ad esempio all’aspetto economico della pianificazione e ai piani regionali che vedono nell’associazione e in Piccinato dei grandi sostenitori - dichiarando “la fine del rettangolismo”66 e promuovendo “la centralità dell’uomo e le sue gioie in urbanistica”67 ed infine costruendo una “coscienza spaziale”68 in architettura. 
Dal 1955 in poi si apre, dunque, una nuova stagione culturale e si rinnovano i mezzi di discussione: nel 1948 Gio Ponti riporta in auge Domus, Zevi nel 1953 fonda L’architettura. Cronache e storia, Ernesto Nathan Rogers dirige Casabella-Continuità, nel 1956 viene fondato l’Istituto nazionale di architettura e tali riviste insieme all’Istituto nazionale di urbanistica svolgono un ruolo principale nel dibattito disciplinare. 
Per l’APAO e per Metron s’intravede il tramonto. La partecipazione attiva di Piccinato alle vicende dell’APAO rappresenta un punto fermo nel suo orientamento scientifico e non è corretto, o meglio non sarebbe corretto, parlare di svolta organica contrapposta alla posizione razionale assunta all’inizio dell’attività professionale; questo viene chiarito nel momento in cui Zevi e Piccinato rintracciano la genesi del movimento nel funzionalismo e nell’ideologia razionale internazionale. 
Se si vuole ravvisare il lascito più significativo di Piccinato all’urbanistica contemporanea si può sicuramente pensare all’approccio multidisciplinare dei suoi lavori e dei suoi scritti; nel mondo dell’accademia di oggi, in cui si va sempre più verso una specializzazione settoriale delle discipline, spesso causa di un sapere parziale, la rilettura dell’opera dell’urbanista veneto può contribuire ad un ripensamento in tal senso. La sua prassi, infatti, è connotata da una visione ampia in cui le questioni urbanistiche, i temi d’architettura e gli aspetti legislativi sono affrontati facendo interagire tutti gli aspetti - sociale, economico, paesaggistico, urbano, infrastrutturale e occupazionale - confrontando le soluzioni con l’eredità storica
Questa caratteristica di Piccinato è dovuta non solo ad una inclinazione personale, ma anche alla fortunata formazione e ad una serie d’importanti esperienze professionali, che più di altre, gli hanno permesso di sperimentare il suo metodo a più livelli: al fianco delle istituzioni, nell’insegnamento e nell’attività professionale. L’esperienza condotta in Argentina dal 1947 al 1952. Ha contribuito in maniera netta ad ampliare il campo di applicazione dell’urbanistica di Piccinato69. Nel 1947 Jorge Vivanco chiama Ernesto Rogers, Cino Calcaprina, Luigi Piccinato, Enrico Tedeschi e Guido Oberti per partecipare alla fondazione della nuova scuola di architettura di Tucuman, l’Instituto de Arquitectura y Urbanismo, in linea con la riorganizzazione complessiva degli studi avviata dal rettore dell’Università nazionale di Tucumàn, Horacio Descole. Quest’ultimo voleva arricchire la struttura dei docenti con numerose personalità straniere per assicurare al centro universitario un prestigioso livello di ricerca. Il motto del nuovo istituto diretto da Vivanco diventa “ricercare, progettare e costruire”70, con il quale si da inizio ad una delle esperienze didattiche più radicali dell’insegnamento dell’architettura e dell’urbanistica in America Latina e che si realizza con la costruzione della Città universitaria, a cui partecipano attivamente gli studenti. 
Piccinato si trova a svolgere il suo mestiere sia come professore presso gli istituti di Tucumàn e di Buenos Aires sia come progettista del piano regolatore generale di Buenos Aires e di Ezeiza; questo duplice ruolo non è nuovo all’urbanista, in effetti nel contesto italiano abbiamo visto che il suo nome dominava la scena, ma la novità che gli regala l’esperienza argentina risiede nella sostanziale differenza della composizione sociale, della struttura urbana e soprattutto nell’impostazione didattica dell’Instituto che pone al centro degli studi di architettura e di urbanistica la pedagogia. 
Questa esperienza fortifica la convinzione di Piccinato che alla base della pianificazione vi sia l’uomo, che il piano è un regalo per lo società e assicura un alto grado di libertà ed infine che i risultati dell’urbanistica si misurano con un solo metro: l’aderenza tra società e piano
Tornato in Italia, Piccinato è chiamato da Giuseppe Samonà ad insegnare allo IUAV: c’è qualche assonanza tra l’indirizzo dell’istituto di Vivanco e l’operazione condotto da Samonà a Venezia: Piccinato la fiuta e accetta la proposta. L’Argentina gli aveva regalato “un anno di libertà e di chiarezza”71 e da qui si apre una nuova fase di sintesi dell’attività dell’urbanista, nella quale le idee degli anni Trenta, ossia il piano aperto e l’organismo città vivono in una sintesi nuova dell’urbanistica, spaziando dalla storia urbana alla storia culturale della città. 
Dal 1950 in poi, anno in cui vince la cattedra di Urbanistica, il percorso di Piccinato si arricchisce di nuove esperienze e riconoscimenti sempre più prestigiosi: la vicepresidenza dell’Inu, il premio Olivetti per l’urbanistica, la medaglia d’oro al merito della cultura, il premio nazionale InARCH per la ricerca scientifica e tecnologica, la vicepresidenza della commissione sui centri storici urbani della FIHUAT, la nomina di professore di urbanistica presso la Facoltà di Roma, l’impegno in qualità di relatore a convegni internazionale – Zurigo, Lisbona, Istanbul, Rio de Janeiro, Berlino, Mendoza, Dublino, Barcellona, Belgrado, Liverpool, Edimburgo, Atene – il premio Feltrinelli. È invitato a partecipare a concorsi su invito – Berlino (1958) e Skopije (1965) – e con i suoi piani influenza l’urbanistica dei nuovi centri in Algeria e in Turchia. 
In Italia è sempre in prima linea per l’elaborazione di piani regolatori delle città e per la progettazione di nuovi quartieri, si concentra sulla pianificazione regionale e nell’impegno politico per una revisione della disciplina legislativa. Sicuramente la personalità di Luigi Piccinato sfugge a qualsiasi tentativo semplificato di determinismo storico; pur avendo partecipato agli eventi urbanistici promossi dal regime, l’urbanista ha mantenuto le sue convinzioni politiche, sapendo sfruttare tutte le occasioni, e ha radicato il suo metodo urbanistico nella conoscenza della storia attualizzando gli insegnamenti dei suoi maestri con le influenze moderne come quelle delle riviste Moderne Bauformern e Der Städtebau. 
 Difensore del primato dell’urbanistica, Piccinato non rinuncia mai alla definizione dello spazio architettonico, studia tutti i fenomeni della città e coglie i fattori emotivi e culturali. Attento al dettaglio, senza tralasciare la visione globale, disegna centinaia di piani in cui l’uomo rappresenta la struttura portante; intellettuale e pragmatico, ha insegnato urbanistica lavorando ai piani, per i quali si è battuto e scontrato con le amministrazioni. I suoi numerosi interventi e scritti testimoniano la grande capacità di comunicazione di Piccinato e ci lasciano un proficuo mezzo per riconsiderare la sua carriera e per attualizzare i suoi insegnamenti.




Note:
45 Sergio Stenti, Colloquio con Luigi Piccinato, in Aura, n. 1-2, 1983, pp. 81-89, qui p. 82. 
46 Luigi Piccinato, “Urbanistica medievale”, in AA.VV., L’urbanistica dall’antichità ad oggi, Sansoni, Firenze, 1943, pp. 61-89, ora Urbanistica medievale, Dedalo, Bari, 1978. 
47 Luigi Piccinato, La città medioevale, nella voce “Città”, in Enciclopedia Italiana, Roma, 1931, vol. X, pp. 486-489, ora in Luigi Piccinato, Scritti vari, cit., con il titolo “la città: Medioevo e Rinascimento, vol. II, pp. 439-466 
48 Luigi Piccinato, Medioevo, nella voce “Giardino”, in Enciclopedia Italiana, Roma, 1933, vol. XVII, pp. 69-72, ora in Luigi Piccinato, Scritti vari, cit., vol. II, pp. 553-564. 
49 Luigi Piccinato, Per una tipologia delle città medioevali italiane, in Atti del II Convegno nazionale di storia dell’architettura, Assisi, 1937, ora in Luigi Piccinato, Scritti vari, cit., vol. II, pp. 569-572 
50 Luigi Piccinato, Origine dello schema urbano circolare nel Medioevo, in Palladio, n.3, 1941, pp.120-125, ora in Luigi Piccinato, Scritti vari, cit., vol. II, pp. 709-716. 
51 Luigi Piccinato, Urbanistica medievale, op. cit., p. 5. 
52 Ivi, p. 6. 
53 Stefania Piccinato Puccini, figlia dell’urbanista, in un colloquio intrattenuto con chi scrive ha raccontato della passione con cui Piccinato ha studiato i centri medievali italiani. Durante i weekend, libero dagli impegni professionali, coglieva l’occasione per vistare le città con la sua famiglia; amava mangiare i prodotti tipici, leggeva i quotidiani locali, visitava i piccoli musei e s’intratteneva a lungo sul posto per riprodurre graficamente gli scorci urbani e le tipologie edilizie locali. 
54 Si veda Roberto Dulio, Introduzione a Bruno Zevi, Laterza, Roma-Bari, 2008. 
55A Roma gli iscritti sono circa 83 ma in tutta Italia il numero sale e tra i soci (ndr all'APAO) ritroviamo nomi prestigiosi: Franco Albini, Giovanni Astengo, Carlo Aymonino, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Melchiorre Bega, Leonardo Benevolo, Piero Bottoni, Roberto Calandra, Giuseppe Campos Venuti, Edoardo Caracciolo, Enrico Censon, Giancarlo De Carlo, Edoardo Detti, Luigi Figini, Ignazio Gardella, Gino Levi-Montalcino, Adalberto Libera, Vico Magistretti, Giovanni Michelucci, Giusta Nico Fasola, Giuseppe Perugini, Gino Pollini, Ludovico Quaroni, Nello Renacco, Leonardo Ricci, Ernesto Nathan Rogers, Giuseppe Samonà, Carlo Scarpa, Ettore Sottsass senior e junior e Marco Zanuso. . Tra i membri onorari dell’associazione figurano Alvar Aalto e Frank Lloyd Wright. 
56 Diversi sono i pareri contro il legame predicato dall’APAO, si ricorda il testo di Piero Bargellini nel 1946 Libello contro l’architettura organica, Vallecchi, Firenze; l’intervento di Carlo Cocchia che mette in discussione le tesi di Frank Lloyd Wright su «Il Mattino» di Napoli del 18 luglio del 1946; la critica di Marcello Gioviale sul libro di Bruno Zevi, Verso un’architettura organica, mettendo in discussione il legame tra il razionalismo e l’architettura organica nella lettera Scomposizione e reintegrazione, ovvero razionalismo e architettura organica, in «Metron», n. 47, 1952. Per uno sguardo sintetico ma chiaro dello scenario politico-culturale in cui si svolge l’azione dell’APAO si veda Alessandra Muntoni, “APAO”, in Marco Biraghi, Alberto Ferlenga, (a cura di), L’architettura del Novecento. Teorie, scuole, eventi, vol. I, Einaudi, Torino, 2012, pp. 31-37. 
57 Il movimento affonda le sue radici in uno spirito fortemente rivoluzionario non solo in campo architettonico ma anche in campo politico. Ricordiamo che Bruno Zevi aveva svolto un ruolo importante nella lotta antifascista come componente del movimento Giustizia e Libertà, riorganizzò il ramo del movimento a New York con la direzione di «Quaderni italiani» con a fianco Lionello Venturi, Veniero Spinelli, Franco Modigliani, Aldo Garosci e Gaetano Salvemini e in Inghilterra fondò la radio clandestina del movimento. Tornato in Italia, nel 1944, espleta la sua azione politica nel Partito d’Azione che determina l’inclinazione politica dell’APAO. A tal riguardo si veda Bruno Zevi, Zevi su Zevi: architettura come profezia, Marsilio, Venezia, 1993; Storia e controstoria dell’architettura in Italia, Newton Compton, Roma, 1997. 
58 Dal numero 26-26 il segretario di redazione è Ciprina Scelba, alla quale si affinca dal numero 28 Enrico Censon, dal numero 39 Elena Almagrà e dal numero 33-34 Biancamaria Braghiera. 
59 APAO, La costituzione dell’Associazione per l’Architettura Organica a Roma, in «Metron», n. 2, sett. 1945, pp. 75-76. 
60 Ivi, p. 75. 
61 Direzione, La nostra cultura e Metron, in «Metron», n. 13, pp. 7-11. 
62 Ivi, p. 10. 
63 Bruno Zevi, Realtà dell’architettura organica, in «Metron», n. 35-36, 1949, pp. 14-17, qui p. 15. 
64 Il Movimento degli Studi di architettura Milano, costituito nell’aprile del 1945, con Franco Albini presidente, si pone di affrontare il tema della ricostruzione in difesa dei principi del razionalismo, assumendo il ruolo di polo catalizzatore dell’ideologia razionalista. L’obiettivo principale del movimento riguarda la costruzione di un comune orientamento nel modo di intendere l’architettura e di far fronte alla difficile situazione economica e sociale del periodo. Si veda Matilde Baffa, Corinna Morandi, Sara Protasoni, Augusto Rossari, (a cura di), Movimento di studi per l’architettura 1945-1961, Laterza, Roma-Bari, 1995; Cettina Lenza, “Il nodo della tradizione”, in Anna Giannetti, Luca Molinari, (a cura di), Continuità e crisi. Ernesto Nathan Rogers e la cultura architettonica italiana del secondo dopoguerra, Alinea, Firenze, 2010, pp. 1-22. 
65 Guido Zucconi, Una figura di architetto-urbanista tra continuità e discontinuità, in Gemma Belli, Andrea Maglio, (a cura di), Luigi Piccinato (1899-1983). Architetto e urbanista, Aracne, Roma, in corso di stampa. 
66 Bruno Zevi, Realtà dell’architettura organica, op. cit. 
67 Ibidem. 
 68 Ibidem.
69 Per un’approfondita lettura dell’esperienza di Piccinato condotta in Argentina si consiglia il saggio di Sergio Zevi, in Gemma Belli, Andrea Maglio, (a cura di), op. cit.; Id., “Attualità del pensiero di Luigi Piccinato. Una riflessione sui materiali dell’Archivio Luigi Piccinato”, in Serena Baiani, Vincenzo Cristallo, Saverio Santangelo, (a cura di), Lectures 3. Design, pianificazione, tecnologia dell’architettura, Designpress, Roma, 2014 (in corso di stampa), pp. 132-209. Molte delle informazioni di seguito riportate sono state acquisite dai testi citati. 
70 Plan de estudios para la carrera di arquitectos en la Universidad Nacional de Tucuman, resolucion n. 31-130-947, 22 gennaio del 1947, Archivio generale dell’Università Nazionale di Tucuman; documento ripreso da Sergio Zevi, “Attualità del pensiero di Luigi Piccinato. Una riflessione sui materiali dell’Archivio Luigi Piccinato”, cit. 
71 Luigi Piccinato, Lettera a Giuseppe Samonà da Buenos Aires, datata 19 dicembre 1950, Archivio IUAV. 



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Fonte: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II - DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA - DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL’ARCHITETTURA, DELLA CITTÀ E DEL PAESAGGIO, XXVII° ciclo, Coordinatore: Prof. Leonardo Di Mauro, Titolo della Tesi: Luigi Piccinato, 1899-1983. L’impegno civile tra teoria e prassi: architettura, città, territorio. Coordinatore: Prof. Leonardo Di Mauro . Tutor: Prof. Andrea Maglio, Dottoranda: SANDRA SANGERMANO, Napoli, 27 marzo 2015.

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