Luigi Piccinato, 1899-1983. L’impegno civile tra teoria e prassi: architettura, città, territorio
di Sandra Sangermano
LUIGI PICCINATO: Dal razionalismo all’organicismo
L’avvento del secondo conflitto mondiale provoca un rallentamento forzato all’attività accademica e scientifica di Luigi Piccinato, ma durante questa pausa l’urbanista coglie l’occasione per mettere a sistema i suoi studi sulla città medievale e pubblica nel 1943 Urbanistica medievale46.
L’interesse di Piccinato per la storia dell’urbanistica medievale affonda le radici nelle riflessioni in merito di Camillo Sitte e a partire dagli anni ’30 diventa una tematica su cui l’urbanista concentra le sue riflessioni e su cui pubblica diversi scritti: nel 1931 La città medioevale47, nel 1933 Medioevo48, nel 1937 Per una tipologia delle città medioevali italiane49, nel 1941 Origine dello schema urbano circolare nel Medioevo50 fino al libro del 1978 Urbanistica medievale che sintetizza tutte le sue riflessioni sul tema.
Lo studio sistematico di Piccinato sull’urbanistica medievale rappresenta sicuramente il primo tentativo di codificazione delle forme e dei contenuti per quella particolare epoca storica e colma il vuoto presente in tutti i testi che affrontano la storia dell’urbanistica italiana. Come chiarisce l’urbanista nella prima pagina del testo del 1978, tutti gli storici hanno affrontato la trattazione storica dell’urbanistica partendo dal Rinascimento:
“[…] comincia insomma proprio con l’epoca nella quale le città non si creavano quasi più, ma invece se ne inventavano piante fantastiche sulla carta e se ne costruivano teorie. [...]. Ma le città invece erano state già create: il primo e più faticoso cammino della creazione urbana era stato compiuto; e già aveva saldo corpo l’organismo della vita cittadina, già la struttura delle città possedeva una forma, già erano precisati schemi, esperienze, ordinamenti… Ed è il complesso corpo di queste istituzioni medioevali che, mancando di quella copiosissima messe di documentazione grafica che forma invece la ricchezza dell’urbanistica del Rinascimento, sfugge oggi grandemente all’indagine nostra”51.
Nel breve saggio Piccinato sembra sottolineare la sintesi e l’unità compositiva di tutte le componenti della città prodotta nell’epoca medievale. A Piccinato sembra necessario studiare l’architettura e l’urbanistica di quell’epoca considerata buia ma che a suo parere ha molto da insegnare; studiarla e analizzarla ci permetterebbe di rintracciare le radici dell’arte e dell’architettura italiana. La città medievale, nella visione dell’urbanista, diventa un’espressione unitaria della società, della politica, della forma urbana e dell’arte:
“[…] componendo proprio quella armonia di valori pratici e estetici che noi chiamiamo oggi con la parola urbanistica”.52
Così Piccinato per andare a fondo e per cogliere tutti gli aspetti della composizione urbana medievale visita, cammina e legge la letteratura locale dei centri medievali che più gli sembrano esprimere l’armonia urbana del tempo53. Descrive i centri più noti e le forme urbane spontanee meno conosciute, ricostruisce la genesi della loro formazione al fine di stilare una classificazione dei tipi edilizi (ne definisce sette) per studiare la loro evoluzione. A tal punto potrebbe nascere spontanea la domanda: perché studiare l’urbanistica medievale in un particolare momento storico caratterizzato dalla distruzione delle città? Perché non elaborare nuovi modelli urbani per la ricostruzione?
Ebbene per Piccinato è necessario conoscere le radici, la storia e le dinamiche economico-sociali che hanno contribuito alla determinazione delle forme urbane delle nostre città per poterne programmare lo sviluppo, e le città medievali offrono l’opportunità di indagare e comprendere la struttura base delle città contemporanee; quindi la conoscenza dell’arte della composizione urbana medievale come "conditio sine qua non" per pianificare, programmare e organizzare lo sviluppo sociale.
Nel 1943 Piccinato pubblica Urbanistica. Compendio di tecnica urbanistica e di urbanistica generale, lezioni tenute alla Reale università di Napoli e nel 1947 Urbanistica; il primo è una dispensa universitaria che già ha la fisionomia di un prontuario, il secondo un vero e proprio manuale. È evidente la necessità dell’autore di riorganizzare le sue teorie e di fornire agli studiosi non un modello ma un approccio metodologico, esigenza che avverte proprio all’indomani del conflitto quando lo scenario in ambito accademico e politico è notevolmente mutato: Giovannoni è appena scomparso, la posizione egemonica di Calza Bini è in via di declino e la centralità di Piacentini lascia il posto ad una lenta epurazione. Piccinato, dunque, domina la scena. I primi anni del dopoguerra sono caratterizzati dall’esigenza di chi, come Piccinato, aveva svolto un ruolo importante negli anni del fascismo pur non condividendone il sentimento politico. Si profila all’orizzonte una radicale riorganizzazione del fronte dell’architettura moderna italiana, recuperando le principali personalità del filone dell’architettura razionale collegando quest’ultimo con le esperienze più innovative.
In una situazione politica connotata da grandi mutamenti a Piccinato si affianca Bruno Zevi - appena ritornato in Italia - ed insieme programmano la riorganizzazione del fronte dell’architettura moderna italiana. Le intenzioni dei due architetti confluiscono nella creazione dell’Associazione per l’Architettura Organica (APAO) - fondata con il sostegno di Mario Ridolfi, Pier Luigi Nervi e Aldo Della Rocca - le cui attività si focalizzano sul tentativo di creare un legame, spezzato a causa della dittatura, con le esperienze internazionali e democratiche.
(ndr. dalla nota 55 - Nell'APAO tra i soci ritroviamo nomi prestigiosi: Franco Albini, Giovanni Astengo, Carlo Aymonino, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Melchiorre Bega, Leonardo Benevolo, Piero Bottoni, Roberto Calandra, Giuseppe Campos Venuti, Edoardo Caracciolo, Enrico Censon, Giancarlo De Carlo, Edoardo Detti, Luigi Figini, Ignazio Gardella, Gino Levi-Montalcino, Adalberto Libera, Vico Magistretti, Giovanni Michelucci, Giusta Nico Fasola, Giuseppe Perugini, Gino Pollini, Ludovico Quaroni, Nello Renacco, Leonardo Ricci, Ernesto Nathan Rogers, Giuseppe Samonà, Carlo Scarpa, Ettore Sottsass senior e junior e Marco Zanuso. Tra i membri onorari dell’associazione figurano Alvar Aalto e Frank Lloyd Wright.).
Alla base dell’ideologia dell’associazione vi è la definizione dell’architettura organica che acquisisce le posizioni di Alvar Aalto e di Frank Lloyd Wrigth partendo dal razionalismo di Gropius, di Le Corbusier e di Mies van der Rohe; l’aggettivo organico è nuovo ed utile al tempo stesso sia per cancellare le implicazioni fasciste sia per collegarsi alle esperienze che si stavano sperimentando negli Stati Uniti.
Il legame viene così rintracciato da Zevi e da Piccinato nel funzionalismo come genesi dell’architettura organica54. Sebbene l’associazione conti circa 240 iscritti55 presto si preannunciano all’orizzonte grandi polemiche da molti, tra cui vecchi razionalisti, che ritennero forzato il tentativo di collegare le due tendenze, il razionalismo funzionale e l’organicismo56.
Tra gli obiettivi principali dell’associazione vi è quello della formazione di una nuova classe di architetti, a cui si affiancano altre attività come l’aggiornamento del quadro legislativo in materia, la pubblicistica del movimento e l’organizzazione di convegni e di congressi.
Per raggiungere tali scopi all’associazione si affianca la Scuola di architettura organica fondata ufficialmente il 18 marzo del 1946, anche se le attività didattiche sono già state attivate l’anno precedente, con sede a Palazzo del Drago; i corsi sono quattro: Urbanistica tenuto da Piccinato, Architettura tenuto da Ridolfi, Materie Professionali tenuto da Della Rocca e Costruzioni tenuto da Nervi. I corsi si svolgono nel pomeriggio e sono destinati agli studenti che, chiamati a prestare il servizio militare, avevano interrotto gli studi, al fine di formare una nuova categoria professionale preparata ad operare per la ricostruzione del Paese. L’indirizzo didattico propone un modello rivoluzionario in contrapposizione all’accademismo della Facoltà di architettura di Roma - nella quale continuavano ad insegnare gli allievi di Giovannoni e Piacentini – fondato sulla concezione di costruire una scuola professionale e non di arte nella quale appariva necessario associare alle materie tecniche e scientifiche gli studi di economia e di sociologia.
Tutte le attività promosse dall’APAO si svolgono in un clima d’intensa operosità e impegno politico attraverso numerosi convegni svolti nel Circolo dell’Associazione a cui partecipano nomi noti: Giulio Carlo Argan, Enrico Tedeschi e Cesare Musatti57. Nel novembre del 1947 l’associazione partecipa anche alla competizione elettorale del Comune di Roma candidando Ridolfi, Zevi e Vallecchi nella lista “Blocco del popolo”.
L’organo divulgativo ed amplificatore per eccellenza delle battaglie e dei dibattiti promossi dall’APAO è Metron; la rivista viene fondata nel 1945 per volontà dello stesso Zevi, nonché di Piccinato, Ridolfi e Nervi. La direzione è affidata inizialmente solo a Piccinato e a Ridolfi, con Margherita Roesler Franz alla segreteria di redazione; il consiglio direttivo è formato da Piero Bottoni, Cino Calcaprina, Luigi Figini, Eugenio Gentili, Enrico Peressutti, Silvio Radiconcini e Enrico Tedeschi, oltre ai due direttori. Per l’ingresso ufficiale di Zevi nella direzione si deve attendere la pubblicazione del numero 25 del 1948, numero che vede l’ingresso anche di Giovanni Astengo e una composizione nuova della redazione58. Sul numero 2 della rivista viene pubblicato il testo La costituzione dell’Associazione per l’Architettura Organica a Roma59 , una vera dichiarazione di intenti cui mira l’iniziativa; l’APAO è definita come:
“[…] una libera associazione di lavoro e di studio […]. Roma ha finalmente un’associazione libera di architetti moderni che svolge quelle attività di studi, di aggiornamento, di specializzazione e quelle attività sindacali che sono necessarie alla ricostruzione”60.
Nel testo è chiarita l’origine dell’architettura organica rintracciata nella corrente del funzionalismo ed è definito il campo nel quale essa opera - il campo sociale e spirituale - inoltre si delinea con decisione la separazione tra quest’architettura e quella monumentale e viene dichiarata la difesa di qualsiasi libertà espressiva architettonica. Il testo prosegue con l’elencazione di tre principi generali indispensabili per il verificarsi di una vera architettura organica e che marcano la netta distanza da qualsiasi spirito nazionalista: la libertà politica, la libertà di associazione e di stampa ed infine le libertà sociali.
L’associazione riesce in breve tempo a costruire una rete nazionale con sedi distaccate a Venezia, Torino, Genova, Napoli e Palermo; in contemporanea su Metron sono pubblicati saggi che allargano il raggio d’azione della disciplina, interessandosi di economia urbanistica, di pianificazione nella disciplina giuridica, di riforma dell’insegnamento dell’architettura e della necessità di un ministero dell’urbanistica, o ancora del tema della ricostruzione in Italia e all’estero (in Francia e in Inghilterra); si toccano tematiche legate non solo alla pianificazione ma che indagano gli aspetti tecnologici, dimensionali, compositivi e costruttivi dell’architettura residenziale fino alle questioni del restauro dei monumenti.
Dopo un anno di lavoro la redazione pubblica nel numero 13 il saggio La nostra cultura e Metron61, in cui viene fatto un bilancio del lavoro svolto all’indomani della liberazione in cui sembrava necessario la riorganizzazione del fronte della cultura architettonica e urbanistica in contrasto alla miseria morale del periodo; sono messi in luce gli obiettivi raggiunti ma anche quelli falliti:
“non una parola nuova in tema di storia dell’architettura e di critica architettonica”62.
Colmare questo vuoto diventa l’obiettivo principale del successivo percorso di Metron, espletato nella rivalutazione di alcune riflessioni appartenenti ai protagonisti del passato in un quadro aggiornato delle esperienze contemporanee. Riguardo alle polemiche sorte a seguito della dichiarazione delle radici dell’APAO nel funzionalismo, Zevi assume il ruolo di difensore e nel numero 35-36 del 1949 sottolinea come:
“Alcuni amici, per fedeltà alla battaglia combattuta nel periodo precedente, ci rimproveravano di aver dato risonanza ad un nuovo nome, e temevano che si confondessero i propositi e si provocasse una scissione nel campo dell’architettura moderna. Ormai questi stessi amici si sono, se non convinti, placati: gli architetti organici hanno mostrato coi fatti la loro fedeltà alla tradizione razionalista. Altri amici ci rimproveravano di aggettivare l’architettura: ormai anch’essi si sono convinti che noi aggettiviamo una poetica, com’è conveniente, non l’arte. I più ci hanno domandato per anni, non senza qualche accenno ironico: dov’è questa architettura organica? Se volete, possiamo rispondere: i dormitori di Aalto, lo chalet di Sabaudia, l’ospedale del’I.N.A.I.L., la palazzina a via Monte Parioli, l’edificio di abitazione vicino Roma”63 .
In effetti la compagine dell’APAO nel corso dei primi anni ha saputo aumentare il volume dei sostenitori con una serrata attività pubblicistica, e anche la sezione del MSA64 di Milano, pur mantenendo la propria autonomia, partecipa alla riorganizzazione della cultura moderna al fianco dell’APAO e utilizza la rivista come piattaforma di studio e di aggiornamento.
In questa lotta organica per l’architettura moderna l’APAO pone al centro la pianificazione, in modo da favorire l’incontro di due filoni dell’ideologia organica: l’architettura di Bruno Zevi e l’urbanistica di Luigi Piccinato.
Si è detto, in alcuni casi, che la concezione organica dell’urbanistica di Piccinato, intesa come sviluppo evolutivo dell’organismo-città guidato e programmato dal piano aperto, sia nata in seguito all’incontro con Bruno Zevi. Oggi, alla luce dello studio filologico degli scritti, dei pani urbanistici e dei progetti di architettura di Piccinato è possibile affermare che la fondazione dell’APAO ha costituito l’incontro e il riconoscimento di una comune concezione d’intendere il mestiere e i compiti dell’architetto.
Questa dichiarazione trova una facile validazione nella lettura critica dei primi piani dell’urbanista e nelle pubblicazioni più importanti: da Padova a Napoli Piccinato applica la sua visione estesa della pianificazione, dal piano aperto che si pone come struttura flessibile per futuri scenari e ampliamenti della città al piano regionale pensato come indirizzo di sviluppo e anello di connessione economica, dal testo Urbanistica. Compendio di tecnica urbanistica e di urbanistica generale, fino agli scritti sull’urbanistica medievale, che rappresentano il “prologo al concetto di urbanistica organica”65.
Con gli inizi degli anni ’50 si assiste ad un fervore economico che ha origine nel Piano Marshall; in Italia si vive il cosiddetto miracolo economico che muta gli scenari: la pianificazione non è più al centro delle politiche di sviluppo, e il settore su cui si investe è l’industria - soprattutto siderurgica - e l’edilizia conosce un boom senza precedenti. L’APAO incassa un insuccesso, la riforma dell’insegnamento non è stata presa in considerazione e questo influenza la programmazione delle future mosse dell’associazione, tanto che prima della fine degli anni ’60 la struttura si sgretola.
Non vi è alcun dubbio sulla portata innovatrice delle attività promosse dall’APAO, che ha compattato la compagine dell’architettura moderna e ha aperto dibattiti che poi hanno influenzato l’architettura e l’urbanistica italiana degli anni ’60 - pensiamo ad esempio all’aspetto economico della pianificazione e ai piani regionali che vedono nell’associazione e in Piccinato dei grandi sostenitori - dichiarando “la fine del rettangolismo”66 e promuovendo “la centralità dell’uomo e le sue gioie in urbanistica”67 ed infine costruendo una “coscienza spaziale”68 in architettura.
Dal 1955 in poi si apre, dunque, una nuova stagione culturale e si rinnovano i mezzi di discussione: nel 1948 Gio Ponti riporta in auge Domus, Zevi nel 1953 fonda L’architettura. Cronache e storia, Ernesto Nathan Rogers dirige Casabella-Continuità, nel 1956 viene fondato l’Istituto nazionale di architettura e tali riviste insieme all’Istituto nazionale di urbanistica svolgono un ruolo principale nel dibattito disciplinare.
Per l’APAO e per Metron s’intravede il tramonto. La partecipazione attiva di Piccinato alle vicende dell’APAO rappresenta un punto fermo nel suo orientamento scientifico e non è corretto, o meglio non sarebbe corretto, parlare di svolta organica contrapposta alla posizione razionale assunta all’inizio dell’attività professionale; questo viene chiarito nel momento in cui Zevi e Piccinato rintracciano la genesi del movimento nel funzionalismo e nell’ideologia razionale internazionale.
Se si vuole ravvisare il lascito più significativo di Piccinato all’urbanistica contemporanea si può sicuramente pensare all’approccio multidisciplinare dei suoi lavori e dei suoi scritti; nel mondo dell’accademia di oggi, in cui si va sempre più verso una specializzazione settoriale delle discipline, spesso causa di un sapere parziale, la rilettura dell’opera dell’urbanista veneto può contribuire ad un ripensamento in tal senso. La sua prassi, infatti, è connotata da una visione ampia in cui le questioni urbanistiche, i temi d’architettura e gli aspetti legislativi sono affrontati facendo interagire tutti gli aspetti - sociale, economico, paesaggistico, urbano, infrastrutturale e occupazionale - confrontando le soluzioni con l’eredità storica.
Questa caratteristica di Piccinato è dovuta non solo ad una inclinazione personale, ma anche alla fortunata formazione e ad una serie d’importanti esperienze professionali, che più di altre, gli hanno permesso di sperimentare il suo metodo a più livelli: al fianco delle istituzioni, nell’insegnamento e nell’attività professionale. L’esperienza condotta in Argentina dal 1947 al 1952. Ha contribuito in maniera netta ad ampliare il campo di applicazione dell’urbanistica di Piccinato69. Nel 1947 Jorge Vivanco chiama Ernesto Rogers, Cino Calcaprina, Luigi Piccinato, Enrico Tedeschi e Guido Oberti per partecipare alla fondazione della nuova scuola di architettura di Tucuman, l’Instituto de Arquitectura y Urbanismo, in linea con la riorganizzazione complessiva degli studi avviata dal rettore dell’Università nazionale di Tucumàn, Horacio Descole. Quest’ultimo voleva arricchire la struttura dei docenti con numerose personalità straniere per assicurare al centro universitario un prestigioso livello di ricerca. Il motto del nuovo istituto diretto da Vivanco diventa “ricercare, progettare e costruire”70, con il quale si da inizio ad una delle esperienze didattiche più radicali dell’insegnamento dell’architettura e dell’urbanistica in America Latina e che si realizza con la costruzione della Città universitaria, a cui partecipano attivamente gli studenti.
Piccinato si trova a svolgere il suo mestiere sia come professore presso gli istituti di Tucumàn e di Buenos Aires sia come progettista del piano regolatore generale di Buenos Aires e di Ezeiza; questo duplice ruolo non è nuovo all’urbanista, in effetti nel contesto italiano abbiamo visto che il suo nome dominava la scena, ma la novità che gli regala l’esperienza argentina risiede nella sostanziale differenza della composizione sociale, della struttura urbana e soprattutto nell’impostazione didattica dell’Instituto che pone al centro degli studi di architettura e di urbanistica la pedagogia.
Questa esperienza fortifica la convinzione di Piccinato che alla base della pianificazione vi sia l’uomo, che il piano è un regalo per lo società e assicura un alto grado di libertà ed infine che i risultati dell’urbanistica si misurano con un solo metro: l’aderenza tra società e piano.
Tornato in Italia, Piccinato è chiamato da Giuseppe Samonà ad insegnare allo IUAV: c’è qualche assonanza tra l’indirizzo dell’istituto di Vivanco e l’operazione condotto da Samonà a Venezia: Piccinato la fiuta e accetta la proposta. L’Argentina gli aveva regalato “un anno di libertà e di chiarezza”71 e da qui si apre una nuova fase di sintesi dell’attività dell’urbanista, nella quale le idee degli anni Trenta, ossia il piano aperto e l’organismo città vivono in una sintesi nuova dell’urbanistica, spaziando dalla storia urbana alla storia culturale della città.
Dal 1950 in poi, anno in cui vince la cattedra di Urbanistica, il percorso di Piccinato si arricchisce di nuove esperienze e riconoscimenti sempre più prestigiosi: la vicepresidenza dell’Inu, il premio Olivetti per l’urbanistica, la medaglia d’oro al merito della cultura, il premio nazionale InARCH per la ricerca scientifica e tecnologica, la vicepresidenza della commissione sui centri storici urbani della FIHUAT, la nomina di professore di urbanistica presso la Facoltà di Roma, l’impegno in qualità di relatore a convegni internazionale – Zurigo, Lisbona, Istanbul, Rio de Janeiro, Berlino, Mendoza, Dublino, Barcellona, Belgrado, Liverpool, Edimburgo, Atene – il premio Feltrinelli. È invitato a partecipare a concorsi su invito – Berlino (1958) e Skopije (1965) – e con i suoi piani influenza l’urbanistica dei nuovi centri in Algeria e in Turchia.
In Italia è sempre in prima linea per l’elaborazione di piani regolatori delle città e per la progettazione di nuovi quartieri, si concentra sulla pianificazione regionale e nell’impegno politico per una revisione della disciplina legislativa. Sicuramente la personalità di Luigi Piccinato sfugge a qualsiasi tentativo semplificato di determinismo storico; pur avendo partecipato agli eventi urbanistici promossi dal regime, l’urbanista ha mantenuto le sue convinzioni politiche, sapendo sfruttare tutte le occasioni, e ha radicato il suo metodo urbanistico nella conoscenza della storia attualizzando gli insegnamenti dei suoi maestri con le influenze moderne come quelle delle riviste Moderne Bauformern e Der Städtebau.
Difensore del primato dell’urbanistica, Piccinato non rinuncia mai alla definizione dello spazio architettonico, studia tutti i fenomeni della città e coglie i fattori emotivi e culturali. Attento al dettaglio, senza tralasciare la visione globale, disegna centinaia di piani in cui l’uomo rappresenta la struttura portante; intellettuale e pragmatico, ha insegnato urbanistica lavorando ai piani, per i quali si è battuto e scontrato con le amministrazioni. I suoi numerosi interventi e scritti testimoniano la grande capacità di comunicazione di Piccinato e ci lasciano un proficuo mezzo per riconsiderare la sua carriera e per attualizzare i suoi insegnamenti.
Note:
45 Sergio Stenti, Colloquio con Luigi Piccinato, in Aura, n. 1-2, 1983, pp. 81-89, qui p. 82.
46 Luigi Piccinato, “Urbanistica medievale”, in AA.VV., L’urbanistica dall’antichità ad oggi, Sansoni, Firenze, 1943, pp. 61-89, ora Urbanistica medievale, Dedalo, Bari, 1978.
47 Luigi Piccinato, La città medioevale, nella voce “Città”, in Enciclopedia Italiana, Roma, 1931, vol. X, pp. 486-489, ora in Luigi Piccinato, Scritti vari, cit., con il titolo “la città: Medioevo e Rinascimento, vol. II, pp. 439-466
48 Luigi Piccinato, Medioevo, nella voce “Giardino”, in Enciclopedia Italiana, Roma, 1933, vol. XVII, pp. 69-72, ora in Luigi Piccinato, Scritti vari, cit., vol. II, pp. 553-564.
49 Luigi Piccinato, Per una tipologia delle città medioevali italiane, in Atti del II Convegno nazionale di storia dell’architettura, Assisi, 1937, ora in Luigi Piccinato, Scritti vari, cit., vol. II, pp. 569-572
50 Luigi Piccinato, Origine dello schema urbano circolare nel Medioevo, in Palladio, n.3, 1941, pp.120-125, ora in Luigi Piccinato, Scritti vari, cit., vol. II, pp. 709-716.
51 Luigi Piccinato, Urbanistica medievale, op. cit., p. 5.
52 Ivi, p. 6.
53 Stefania Piccinato Puccini, figlia dell’urbanista, in un colloquio intrattenuto con chi scrive ha raccontato della passione con cui Piccinato ha studiato i centri medievali italiani. Durante i weekend, libero dagli impegni professionali, coglieva l’occasione per vistare le città con la sua famiglia; amava mangiare i prodotti tipici, leggeva i quotidiani locali, visitava i piccoli musei e s’intratteneva a lungo sul posto per riprodurre graficamente gli scorci urbani e le tipologie edilizie locali.
54 Si veda Roberto Dulio, Introduzione a Bruno Zevi, Laterza, Roma-Bari, 2008.
55A Roma gli iscritti sono circa 83 ma in tutta Italia il numero sale e tra i soci (ndr all'APAO) ritroviamo nomi prestigiosi: Franco Albini, Giovanni Astengo, Carlo Aymonino, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Melchiorre Bega, Leonardo Benevolo, Piero Bottoni, Roberto Calandra, Giuseppe Campos Venuti, Edoardo Caracciolo, Enrico Censon, Giancarlo De Carlo, Edoardo Detti, Luigi Figini, Ignazio Gardella, Gino Levi-Montalcino, Adalberto Libera, Vico Magistretti, Giovanni Michelucci, Giusta Nico Fasola, Giuseppe Perugini, Gino Pollini, Ludovico Quaroni, Nello Renacco, Leonardo Ricci, Ernesto Nathan Rogers, Giuseppe Samonà, Carlo Scarpa, Ettore Sottsass senior e junior e Marco Zanuso. . Tra i membri onorari dell’associazione figurano Alvar Aalto e Frank Lloyd Wright.
56 Diversi sono i pareri contro il legame predicato dall’APAO, si ricorda il testo di Piero Bargellini nel 1946 Libello contro l’architettura organica, Vallecchi, Firenze; l’intervento di Carlo Cocchia che mette in discussione le tesi di Frank Lloyd Wright su «Il Mattino» di Napoli del 18 luglio del 1946; la critica di Marcello Gioviale sul libro di Bruno Zevi, Verso un’architettura organica, mettendo in discussione il legame tra il razionalismo e l’architettura organica nella lettera Scomposizione e reintegrazione, ovvero razionalismo e architettura organica, in «Metron», n. 47, 1952. Per uno sguardo sintetico ma chiaro dello scenario politico-culturale in cui si svolge l’azione dell’APAO si veda Alessandra Muntoni, “APAO”, in Marco Biraghi, Alberto Ferlenga, (a cura di), L’architettura del Novecento. Teorie, scuole, eventi, vol. I, Einaudi, Torino, 2012, pp. 31-37.
57 Il movimento affonda le sue radici in uno spirito fortemente rivoluzionario non solo in campo architettonico ma anche in campo politico. Ricordiamo che Bruno Zevi aveva svolto un ruolo importante nella lotta antifascista come componente del movimento Giustizia e Libertà, riorganizzò il ramo del movimento a New York con la direzione di «Quaderni italiani» con a fianco Lionello Venturi, Veniero Spinelli, Franco Modigliani, Aldo Garosci e Gaetano Salvemini e in Inghilterra fondò la radio clandestina del movimento. Tornato in Italia, nel 1944, espleta la sua azione politica nel Partito d’Azione che determina l’inclinazione politica dell’APAO. A tal riguardo si veda Bruno Zevi, Zevi su Zevi: architettura come profezia, Marsilio, Venezia, 1993; Storia e controstoria dell’architettura in Italia, Newton Compton, Roma, 1997.
58 Dal numero 26-26 il segretario di redazione è Ciprina Scelba, alla quale si affinca dal numero 28 Enrico Censon, dal numero 39 Elena Almagrà e dal numero 33-34 Biancamaria Braghiera.
59 APAO, La costituzione dell’Associazione per l’Architettura Organica a Roma, in «Metron», n. 2, sett. 1945, pp. 75-76.
60 Ivi, p. 75.
61 Direzione, La nostra cultura e Metron, in «Metron», n. 13, pp. 7-11.
62 Ivi, p. 10.
63 Bruno Zevi, Realtà dell’architettura organica, in «Metron», n. 35-36, 1949, pp. 14-17, qui p. 15.
64 Il Movimento degli Studi di architettura Milano, costituito nell’aprile del 1945, con Franco Albini presidente, si pone di affrontare il tema della ricostruzione in difesa dei principi del razionalismo, assumendo il ruolo di polo catalizzatore dell’ideologia razionalista. L’obiettivo principale del movimento riguarda la costruzione di un comune orientamento nel modo di intendere l’architettura e di far fronte alla difficile situazione economica e sociale del periodo. Si veda Matilde Baffa, Corinna Morandi, Sara Protasoni, Augusto Rossari, (a cura di), Movimento di studi per l’architettura 1945-1961, Laterza, Roma-Bari, 1995; Cettina Lenza, “Il nodo della tradizione”, in Anna Giannetti, Luca Molinari, (a cura di), Continuità e crisi. Ernesto Nathan Rogers e la cultura architettonica italiana del secondo dopoguerra, Alinea, Firenze, 2010, pp. 1-22.
65 Guido Zucconi, Una figura di architetto-urbanista tra continuità e discontinuità, in Gemma Belli, Andrea Maglio, (a cura di), Luigi Piccinato (1899-1983). Architetto e urbanista, Aracne, Roma, in corso di stampa.
66 Bruno Zevi, Realtà dell’architettura organica, op. cit.
67 Ibidem.
68 Ibidem.
69 Per un’approfondita lettura dell’esperienza di Piccinato condotta in Argentina si consiglia il saggio di Sergio Zevi, in Gemma Belli, Andrea Maglio, (a cura di), op. cit.; Id., “Attualità del pensiero di Luigi Piccinato. Una riflessione sui materiali dell’Archivio Luigi Piccinato”, in Serena Baiani, Vincenzo Cristallo, Saverio Santangelo, (a cura di), Lectures 3. Design, pianificazione, tecnologia dell’architettura, Designpress, Roma, 2014 (in corso di stampa), pp. 132-209. Molte delle informazioni di seguito riportate sono state acquisite dai testi citati.
70 Plan de estudios para la carrera di arquitectos en la Universidad Nacional de Tucuman, resolucion n. 31-130-947, 22 gennaio del 1947, Archivio generale dell’Università Nazionale di Tucuman; documento ripreso da Sergio Zevi, “Attualità del pensiero di Luigi Piccinato. Una riflessione sui materiali dell’Archivio Luigi Piccinato”, cit.
71 Luigi Piccinato, Lettera a Giuseppe Samonà da Buenos Aires, datata 19 dicembre 1950, Archivio IUAV.
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Fonte: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II - DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA - DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL’ARCHITETTURA, DELLA CITTÀ E DEL PAESAGGIO, XXVII° ciclo, Coordinatore: Prof. Leonardo Di Mauro, Titolo della Tesi: Luigi Piccinato, 1899-1983. L’impegno civile tra teoria e prassi: architettura, città, territorio. Coordinatore: Prof. Leonardo Di Mauro . Tutor: Prof. Andrea Maglio, Dottoranda: SANDRA SANGERMANO, Napoli, 27 marzo 2015.
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